lunedì 31 ottobre 2011

Dove sta scritto che "Chi tifa Roma non deve perdere la pazienza mai?"


“Chi tifa Roma non perde mai”. Sarà così. Ma dov'è scritto che “chi tifa Roma non deve perdere la pazienza mai”?

Nonostante un conto in rosso da diversi mesi, nessuno ha protestato quando gli è stato chiesto di aprire una linea di credito, di fiducia nei confronti del nuovo progetto. Pardon, dell'Idea.

E' stata chiesto di aspettare. E' stata chiesta complicità. E tutto è stato dato, accompagnato dal solito, infinito, amore, che solo i tifosi della Roma sanno trasmettere alla propria squadra.

Un amore che paradossalmente è aumentato. Nutrito da sconfitte e sofferenze. L'eliminazione dall'Europa League, un derby perso ben oltre il novantesimo e una classifica che fa venire i brividi. In mezzo a tutto questo un progetto giovani cancellato molto prima dell'inizio delle scuole, uno stile di gioco modificato con la velocità con cui ci si cambia d'abito e un possesso palla che sembra un frustrante e eterno corteggiamento.

Si parla sempre di quello che sarà, della Roma che verrà, delle vittorie che arriveranno. Ma il presente? Di quello che sta avvenendo ora, chi se ne preoccupa? Forse neanche i dirigenti, che continuano a declinare i verbi solo al futuro.

E' tempo che tutti si prendano le proprie responsabilità.
La società, che esasperando il passaggio di mano ha rallentato il processo di crescita di questa squadra.
Il tecnico che ha scelto 12 formazioni diverse, in 12 gare, schierando ben 28 giocatori, salvo poi far sapere che la rosa è troppo ampia
I calciatori che devono mostrare maggiore concentrazione, ma soprattutto più grinta e cattiveria.

Sono passati quattro mesi dall'inizio di questa rivoluzione culturale e per ora l'unica cosa a cambiare è stato l'approccio del tifoso alla squadra, vista come un oggetto misterioso, del quale si intuiscono le potenzialità, senza ancora aver capito se siano positive o negative.
Noi rimaniamo seduti sulle nostre poltroncine: sciarpa al collo e cuore pieno di speranza, in attesa che la partita cominci per davvero.


venerdì 28 ottobre 2011

Le sconfitte? Frutto di un esperimento morto in culla


Dieci gare in stagione. Otto di campionato e due di Europa League. E ben quattro sconfitte. Il 40%. Poco meno della metà delle partite giocate. Risultato: l'eliminazione dalla competizione europea e nove punti persi in classifica.

In una Roma che non possiede gemelle e che non è mai uguale a sé stessa, non solo da una gara all'altra, ma da un tempo all'altro, da un minuto all'altro, abbiamo cercato un ideale filo rosso che collegando le quattro sconfitte stagionali, se non spiegarle, provi almeno ad individuare le cause dei tanti bocconi amari ingoiati dai tifosi giallorossi.

Evitando di concentrarci su Slovan Bratislava-Roma, frutto di un esperimento morto in culla, sono le tre sconfitte in campionato da analizzare per provare a capirci qualcosa in più: Roma-Cagliari 1-2, Lazio-Roma 2-1 e Genoa-Roma 2-1. Stesso risultato, stesso numero di punti. Zero.

Considerando che luis enrique ha utilizzato 28 giocatori e dieci formazioni diverse in dieci gare , in queste tre partite qualche punto fermo si può individuare.

Innanzitutto la presenza in porta di Stekelenburg, quella di De Rossi, Osvaldo e Bojan, ma soprattutto la disposizione di 3/4 della difesa giallorossa. Perché se nel ruolo di esterno destro si sono alternati nell'ordine Cicinho, Rosi, Perrotta e Cassetti (e a Genova anche Burdisso), la Roma ha sempre perso con in campo la coppia centrale tutta argentina Burdisso-Heinze e José Angel terzino sinistro.

Dei sei gol subiti, tre sono arrivati per vie centrali: quelli di Conti, Klose e Jankovic; uno lungo l'out di sinistra, quello di El Khabir; e due su calcio piazzato: il rigore di Hernanes e il tocco fortunoso di Kucka su assist di Merkel.

Interessante anche il dato ricavabile dal minutaggio. La metà delle reti subite è arrivata a cavallo del triplice fischio finale: El Khabir 87', Kucka 90' e Klose 93', mentre quello di Jancovic è stato l'unico gol subito dalla Roma nel primo tempo in tutta la stagione.

Voglia di vincere? Di non accontentarsi del pari? Incapacità di gestire il pallone e voglia di attaccare insita nel DNA? Probabilmente è impossibile rispondere.












lunedì 24 ottobre 2011

Ciao Sic! Il ricordo di Febbre a 90'

Il nostro saluto a Marco Simoncelli. Ciao Sic!


La vita corre su un filo sottile. Lo stesso che idealmente collega la Malesia alla Malesia. Perché quando a Sepang, circuito che ti ha regalato la gioia più grande della tua vita, il titolo 250, la perdi la vita e per lo sport che per te rappresenta la vita, ecco che la parola destino sembra assumere un significato più chiaro.

Soprattutto se consideri che coinvolto nell'impatto c'è chi rappresenta qualcosa in più di un semplice collega: Valentino Rossi, il tuo idolo di sempre, tuo fratello maggiore, quello che a cavallo di un minimoto a soli 13 anni, imitavi sognando di diventare come lui. Lo stesso che quando cominciavi a correre con i grandi, si sedeva sul muretto del Mugello e si divertiva a vederti sfrecciare in 125, lanciandoti qualche battuta in romagnolo.

Marco Simoncelli se n'è andato in maniera diametralmente opposta rispetto al suo vivere. In silenzio, senza far rumore quasi. In seguito ad uno schianto, ma non dei più spettacolari, lui, invece, che spettacolo regalava sempre, in ogni gara. In ogni dichiarazione. Persino in ogni cosa che faceva. Anche nel taglio di capelli, una delle cause principali del suo odio per la Malesia. Il caldo lo faceva sudare maledettamente sotto il casco, diventava una maschera madida al termine della gara. Impresentabile alle telecamere al momento dei festeggiamenti.
Forse anche per questo il destino ha deciso di farglielo volare via. Per lasciarlo mostrare al mondo i suoi riccioli ribelli. Per fagli salutare la pista, la sua vita, con un bacio.

Ciao Sic e perdonaci se in questo momento non riusciamo ad onorare il tuo soprannome ma soprattutto il tuo stile di vita: “sbattersene i coglioni”. Ci è impossibile farlo, perché ad andarsene è stato uno di noi. Non uno di quelli che ammiri in tv o suoi giornali e non senti per niente vicino. Uno come te.
Buon viaggio Sic e se puoi attraversa la strada impennando. Tanto per far capire che anche lì, dal momento del tuo arrivo, la musica sta per cambiare.