venerdì 28 ottobre 2011

Le sconfitte? Frutto di un esperimento morto in culla


Dieci gare in stagione. Otto di campionato e due di Europa League. E ben quattro sconfitte. Il 40%. Poco meno della metà delle partite giocate. Risultato: l'eliminazione dalla competizione europea e nove punti persi in classifica.

In una Roma che non possiede gemelle e che non è mai uguale a sé stessa, non solo da una gara all'altra, ma da un tempo all'altro, da un minuto all'altro, abbiamo cercato un ideale filo rosso che collegando le quattro sconfitte stagionali, se non spiegarle, provi almeno ad individuare le cause dei tanti bocconi amari ingoiati dai tifosi giallorossi.

Evitando di concentrarci su Slovan Bratislava-Roma, frutto di un esperimento morto in culla, sono le tre sconfitte in campionato da analizzare per provare a capirci qualcosa in più: Roma-Cagliari 1-2, Lazio-Roma 2-1 e Genoa-Roma 2-1. Stesso risultato, stesso numero di punti. Zero.

Considerando che luis enrique ha utilizzato 28 giocatori e dieci formazioni diverse in dieci gare , in queste tre partite qualche punto fermo si può individuare.

Innanzitutto la presenza in porta di Stekelenburg, quella di De Rossi, Osvaldo e Bojan, ma soprattutto la disposizione di 3/4 della difesa giallorossa. Perché se nel ruolo di esterno destro si sono alternati nell'ordine Cicinho, Rosi, Perrotta e Cassetti (e a Genova anche Burdisso), la Roma ha sempre perso con in campo la coppia centrale tutta argentina Burdisso-Heinze e José Angel terzino sinistro.

Dei sei gol subiti, tre sono arrivati per vie centrali: quelli di Conti, Klose e Jankovic; uno lungo l'out di sinistra, quello di El Khabir; e due su calcio piazzato: il rigore di Hernanes e il tocco fortunoso di Kucka su assist di Merkel.

Interessante anche il dato ricavabile dal minutaggio. La metà delle reti subite è arrivata a cavallo del triplice fischio finale: El Khabir 87', Kucka 90' e Klose 93', mentre quello di Jancovic è stato l'unico gol subito dalla Roma nel primo tempo in tutta la stagione.

Voglia di vincere? Di non accontentarsi del pari? Incapacità di gestire il pallone e voglia di attaccare insita nel DNA? Probabilmente è impossibile rispondere.












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