La Roma non
sa fare il salto di qualità. La Roma rimane adolescente. La Roma non
cresce. La Roma soffre di vertigini.
Ma ne siamo
proprio certi? Siamo sicuri che il nostro principale problema sia non
riuscire a prendere questa benedetta maturità?
Perché la
vertigine non sarà paura di volare, ma nemmeno voglia di strusciare
il mento sull'asfalto. E poi come si fa a soffrire di vertigini
quando da inizio stagione si vive al secondo piano in 50 metri quadri
con vista sul cortile?
La verità è
che il progetto Roma non è nemmeno paragonabile ad un aereo, ma
molto più simile ad una nave. Quella Pirata del Luna Park.
Un'altalena, di risultati e emozioni.
Quando si va
in alto si è felici e ci si sente padroni del mondo, ma quando si
imbocca la discesa non si sa mai quando terminerà e soprattutto
quanto in basso ti porterà.
L'impressione
è che il movimento della barca non siamo noi a deciderlo, ma una
forza esterna, indipendente dalla nostra volontà. Decisa
probabilmente dalla voce fuori campo che ci racconta quello che sta
accadendo, su un sottofondo di musica da discoteca. La stessa sulla
quale Armero e Isla, ballando, hanno festeggiato il 2-0 dell'Udinese,
prendendosi gioco del nostro divertimento.
Se almeno la
barca affrontasse le onde per arrivare da qualche parte, potremmo
farcene una ragione.
Se sapessimo
che tra mille difficoltà, l'inevitabile balia dei venti, la lenta,
desiderata e sospirata spinta del mare, alla fine il porto, anche
dopo mesi, sarebbe il nostro definitivo approdo, allora potremmo
anche goderci il viaggio. Sapendo che tanto è più lunga l'attesa,
tanto più grande sarà il risultato.
Macché: il
movimento della nostra nave pirata è solo un'impressione. Un gesto
meccanico, identico e uguale, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Un'ondulazione che oltre al mal di mare, non porta nient'altro.
Preferiremmo
un passatempo più statico. Non necessariamente all'interno di un
ring.