Stekelenburg 6.5: sul gol di Di Vaio può davvero poco. Si riscatta qualche istante più tardi, negando sempre al numero nove del Bologna, a mano aperta, la rete del possibile 2-1. Ancora uno dei migliori.
Rosi 6: spinge tanto, come al solito, ma appare un pò meno lucido, soprattutto in fase di impostazione. Comunque in crescita.
Heinze 6.5: si conferma in grandissima condizione. I suoi avversari diretti, infatti, devono attendere la fine della gara per riuscire a vedere almeno il colore del pallone. Fantastico, nel primo tempo, quando in scivolata si immola su una conclusione di Di Vaio e fa ripartire la squadra in contropiede. Imperioso negli stacchi di testa, grintoso quando e quanto serve. Ce ne vorrebbero un paio come lui.
Juan 5: più svagato rispetto alle ultime uscite, buca in occasione del gol di Di Vaio, non arrivando ad intercettare il rinvio, piuttosto semplice da leggere, addirittura di Gillet. Qualche istante prima, però, aveva salvato sullo stesso ex Parma a porta vuota. Da rivedere.
Taddei 5.5: sulla sinistra dà sostegno, ma non sa rendersi pericoloso quando servirebbe piazzare l'accelerata decisiva. E' brutto da dirsi, ma sembra non conoscere il modo di chiudere la diagonale difensiva. Comprensibile: in fondo, fino a qualche settimana fa, era un centrocampista...
Gago 5.5: confusionario, lento e nervoso non riesce a dare le geometrie necessarie alla squadra e spesso, in difficoltà, rilancia il pallone in avanti sperando accada qualcosa. Meglio da intermedio.
Pjanic 6.5: è in grande spolvero e si vede. Si inventa un gol su punizione da cineteca e poi, dopo uno slalom esaltante, conclude di potenza chiamando Gillet al miracolo. Peccato che Simplicio non riesca ad approfittare del facile tap in.
(33' st Perrotta 6: ogni qualvolta la Roma è in difficoltà, Luis Enrique lo chiama in causa, sperando nella sua esperienza. Il tempo a disposizione è poco e SuperSimo non può inventarsi nulla di risolutivo)
Greco 5: arranca, surclassato dal dinamismo e dalla densità del centrocampo bolognese.
(16' st Simplicio 5: la sua mezz'ora di gara è tutto in quel piattone, sulla respinta di Gillet, che finisce sull'esterno della rete. Se fosse riuscito a metterlo in porta, staremmo parlando di un'altra gara. La sua, come quella della Roma)
Lamela 4.5: è rimasto a Torino, attaccato ai pantaloncini di Chiellini. Non entra mai in partita. Sarà difficile crederci, ma l'Olimpico non trema.
(16' st Bojan 4.5: questa dovrebbe essere la sua gara: spazi intasati e possibilità di mettersi in mostra per i brevilinei e i dribblomani. Appena entrato spreca un assist al bacio di Totti, poi si spegne minuto dopo minuto. Involuzione incredibile)
Totti 6: punto nell'orgoglio dalle dichiarazioni di Diamanti, ci prova da ogni posizione. Un po' di sfortuna, un po' di imprecisione non gli permettono di gonfiare la rete. Le azioni più pericolose dei giallorossi, però, partono sempre tutte dai suoi piedi.
Borini 5: non è il London che tutti abbiamo imparato ad amare. Lotta, morde, corre, si arrabbatta, ma non arriva mai alla conclusione pulita in porta.
All. Luis Enrique 6: sceglie l'undici migliore a disposizione e ha il coraggio di sostituire Lamela, togliendo alla squadra la sua imprevedibilità, che pur stentava ad accendersi, per inserire un Bojan carico di responsabilità. Prima rimonta italiana, peccato non si completi a dovere.
domenica 29 gennaio 2012
venerdì 27 gennaio 2012
Non chiamateli raccomandati. Basta figli di papà...
Impara
l'arte e mettila da parte, si dice. Chissà se vale anche per le
progenie dei calciatori. Figli d'arte, in pratica, che affollano
tabellini e partite di ogni categoria, sarà per le loro qualità
sportive oppure, semplicemente, per il cognome che gli riempie maglia
e carta d'identità.
Gli
ultimi in ordine di tempo sono stati Simone Andrea Ganz e Gianmarco
Comi, coppia d'attacco del Milan Primavera. Il primo è figlio di
Maurizio Ganz, ex Inter, Milan e Atalanta, l'altro di Antonio Comi,
ex centrale difensivo di Roma e Torino, ora direttore sportivo
proprio dei granata. L'elenco è lungo e davvero molto gustoso da
approfondire.
Partiamo
dalle serie minori e in particolare dalla D, dove qualche settimana
con il Chieri ha esordito un diciannovenne di belle speranze: di nome
fa Paolo e di cognome Ferrara, figlio dell'attuale Commisario Tecnico
della Nazionale Under 21. Come il papà fa il difensore e di lui si
dice un gran bene. In Promozione, invece, e per precisione
nell'Aenaria c'è un portierino niente male di sedici anni: Luca
Taglialatela, figlio di Pino ex estremo difensore del Napoli. Per lui
sarà l'ultimo campionato tra i dilettanti, poi si tenterà la strada
del professionismo, passando, probabilmente per qualche settore
giovanile importante.
Lo stesso che sta seguendo, però, in un ruolo
diverso, ovvero quello di allenatore, Dodo Sormani, figlio di Angelo
Benedicto, ex attaccante italobrasiliano. Il tecnico quarantenne
guida la Primavera del Napoli, con tanti grattacapi e poche
soddisfazioni, vista anche la giovanissima età dei ragazzi in maglia
azzurra. Ma ce ne sarebbe altri da ricordare, come Andrea Iuliano,
figlio di Antonio, difensore della Juventus di Lippi, che corre per
l'Internapoli, formazione di Serie D, fino allo stesso Diego Sinagra,
meglio conosciuto come Diego Armando Maradona Junior. Partito dalle
giovanili del Napoli, passato per la Primavera del Genoa ha avuto il
suo primo impatto con il calcio semiprofessionistico, in un reality:
Campioni il sogno, scenario il Cervia. Ora gioca in Eccellenza ma non
ha disdegnato qualche apparizione nella nazionale di Beach Soccer,
almeno fino a quanto il ct è stato Giancarlo Magrini, il secondo di
Ciccio Graziani proprio a Cervia.
I due fratelli Mancini, poi, figli
di Roberto, il primo Filippo, classe 1990, gioca nella Virtus
Entella, squadra di Interregionale, l'altro Andrea, nato nel 1992,
dopo un trascorso al Bologna e all'Inter ora prova a farsi spazio a
Manchester, sponda City.
Non
chiamateli raccomandati. Basta figli di papà.
mercoledì 25 gennaio 2012
Juventus-Roma? E' proprio vero: il treno dei desideri, all'incontrario va...
C'è salito
prima Vucinic e poi Borriello. Ha fischiato, attirando Pizarro. Ora
s'è preso anche la nostra continuità. Le nostre velleità di coppe
italia . E anche una stellina d'argento, che dovrà aspettare
un'altra stagione, forse, prima di poter brillare sulle nostre
maglie. Parliamo di questo particolare treno che procede in una sola
direzione, lungo la tratta Roma-Torino. E' proprio, vero, che il
treno dei desideri all'incontrario va.
Presupposto
scontato, ma doveroso: non eravamo prossimi a vincere la Champions
League dopo la vittoria contro il Cesena, non saremo costretti a
lottare per la retrocessione dopo la pesante, inutile negarlo,
sconfitta contro la Juventus.
Alcune
puntualizzazioni però vanno necessariamente fatte: non abbiamo
capito il turn over di Luis Enrique. D'accordo le tre partite in una
sola settimana, i tanti infortunati e il bisogno di gestire la
condizione atletica dei calciatori più importanti. Ma non sarebbe
stato meglio schierare questa squadra, nettamente più inferiore
rispetto a quella vista in campo contro il Cesena, proprio contro i
romagnoli? Bojan in avanti è stato impalpabile, annullato dalla
fisicità di Bonucci e Chiellini. Borini avrebbe dato maggiore
spinta. Taddei, spostato a destra, ha sofferto la rapidità di
Estigaribbia. Rosi, probabilmente, l'avrebbe contenuto meglio.
Soprattutto non abbiamo compreso la staffetta Juan-Kjaer. Perché
schierare il danese, in evidente difficoltà da settimane, su un
terreno come quello di Torino, difficile per qualità tecniche
richieste e soprattutto ambiente. Ovvio che la colpa della sconfitta
non sia attribuibile esclusivamente a Kjaer, ma il centrale ex
Wolfsburg non accenna miglioramenti. Sbaglia sempre nel leggere
l'azione difensiva, cadendo nel tranello dell'elastico degli
attaccanti avversari. Basti pensare che chiude la sua gara con
un'autorete, in un periodo storico del calcio in cui l'autorete è
praticamente estinta.
La speranza
è che questo 3-0, così come quello di Firenze, apra un nuovo ciclo,
fatto di altrettanti risultati utili consecutivi e di una vendetta
sportiva consumata ai danni della Juventus, così come era successo
contro la Fiorentina. Ci metteremmo la firma.
Le bandiere non vanno ammainate: il paese si giudica anche da come le tratta
Spread, valori di borsa,
tasso di inflazione, costo della benzina e prezzi delle case. Ci sono
indici diversi per valutare le condizioni reali di un paese. Il
trattamento riservato alla Bandiere.
Una nazione, viva e
vitale, le lascia sventolare. Le annuncia con una fanfara. Le ostenta
con malcelato orgoglio. Le guarda con rispetto e con un pizzico di
malinconia. Se il tempo le confonde, interviene e le scioglie, le
libera. Permette loro di proseguire in un continuo e incalcolabile
lavoro. Se ferita, le abbassa. Le pone a mezz'asta, a mostrare che il
dolore non è di un singolo componente, ma della comunità intera,
della quale la bandiera rimane rappresentazione precisa.
Vecchie, sfilacciate,
forse anche sbiadite, non vanno ripiegate. Gli va concessa la
possibilità di decidere quando smettere e, nel caso, di annunciarlo.
Per rispetto, più che per affetto. Un comportamento civile, più che
umano.
E la cosa avviene in
quasi tutti gli ambiti professionali.
Ai giornalisti in
pensione, che, per anni, hanno riempito pagine e pagine di
quotidiani, viene riservata spesso una rubrica. Un angolo, una
colonna, più o meno ampia, all'interno della quale continuare a dar
valore alle parole: per capacità e esperienza. Anche solo per il
gusto di riprendere in mano la penna e darle lustro.
I professori universitari
continuano a muovere il gesso sulla lavagna, il dito sui libri e gli
occhi sulle tesi fino a quando ne hanno voglia. E anzi, più stagioni
possono contare sulle loro mani, più si accresce il loro valore.
La cosa avviene in quasi
tutti gli ambiti professionali. Ma non nello sport. Nel calcio in
particolare. Una macchina spaventosa, un ingranaggio che, come
moderni Charlie Chaplin, schiaccia chiunque non ha voglia di
adeguarsi. O semplicemente è diventato un po' più lento.
E come spesso accade
quando qualcuno comincia a togliere, con sapienza, sassolini da quel
muro che costruito di notte, ci impedisce di vedere al di là della
strada, la frana è arrivata puntuale e fragorosa. O forse,
semplicemente, ci abbiamo fatto più caso.
Il primo a parlare è
stato Paolo Maldini: “Il Milan non mi vuole”, ha gridato dalle
pagine del giornale sportivo più importante d'Italia. Un'icona
rossonera, capace di passare indenne attraverso tutte le epoche della
squadra meneghina, improvvisamente messo da parte. Addirittura
schifato dai tifosi.
E che dire di Alessandro
Del Piero, calciatore e professionista esemplare che all'apice della
sua carriera, ovvero all'indomani della vittoria di un Mondiale,
decise di seguire la Juventus in Serie B? Amore della maglia?
Rispetto per i colori? Mettetela come credete sia meglio: il fatto
non cambia. Avrebbe dovuto avere un saluto più degno e soprattutto
avrebbe dovuto scegliere lui il momento per annunciare il suo ritiro.
Non meritava le quattro fredde parole di Andrea Agnelli, presidente
della Juventus, ma solo per discesa dinastica.
L'eccezione, però,
esiste. E' viva, reale. Quasi immortale. E si chiama Francesco Totti.
Dato per finito centinaia di volte, il capitano della Roma ha saputo
farsi spazio. Sempre. Per capacità e grande intelligenza. Ha saputo
continuare a sventolare. Il suo popolo lo ha difeso, anche
violentemente quando qualcuno, tanti a dire la verità, si sono
arrampicati e a braccia tese hanno cercato di strapparlo via dalla
sua asta. Non ci sono mai riusciti. E come premio i tifosi
giallorossi hanno ricevuto tanto. L'ultimo regalo è stato il gol 211
che ha portato Totti, di diritto, al primo posto tra i bomber più
prolifici della Serie A con la stessa maglia. Sbaragliando il record
di Nordhal, campione svedese degli anni '50, che durava da 53 anni.
Un'eternità.
Questo è il motivo per
cui l'abbraccio tra Totti e Del Piero, nell'ultimo Juventus-Roma che
probabilmente li vedrà l'uno contro l'altro, a darsi battaglia
fascetta al braccio, è stato così malinconico.
Per sempre Bandiere. Per
sempre liberi di sventolare.
martedì 24 gennaio 2012
Juventus-Roma: le pagelle. Kjaer pessimo, ma l'autogol non si era estinto?
Stekelenburg 5: i tre gol subiti pesano sul giudizio finale. Incolpevole su tutte le reti della Juventus, soffre i movimenti e i retropassaggi di Kjaer. Ha avuto giornate migliori.
Taddei 5: soffre tantissimo la velocità e la freschezza di Estigarrabia, nel secondo tempo prende coraggio, ma scivola e sbaglia in continuazione l'interpretazione della diagonale.
Heinze 6: annulla completamente Borriello, ma non può marcare anche Kjaer.
Kjaer 4: continua ad interpretare malissimo tutte le situazioni difensive. Di nuovo come con la Fiorentina e l'Udinese, insegue l'uomo e cade nell'elastico di Giaccherini. Chiude meravigliosamente con un autogol, in un momento storico del calcio, in cui l'autorete è quasi estinta. E' giovane e deve imparare, ma non a discapito della Roma.
José Angel 4.5: ma dove è finito l'esterno tutta corsa e grinta di inizio stagione? Non spinge, non copre. Gigioneggia.
Gago 6: cresce di minuto in minuto ed è l'unico a provare a mettere in difficoltà Storari, con qualche tiro dalla distanza. E' l'ultimo a mollare.
Pjanic 6: l'impressione è che affrontare faccia a faccia Pirlo non sia proprio il massimo della vita. Non si nasconde e risponde di spada.
Simplicio 5: sempre impreciso, non aggiunge nulla e non chiude un passaggio.
(22' st Greco sv: non incide, ma forse non ne ha il tempo)
Totti 6: il colpo di tacco che smarca Borini vale il biglietto e la serata storta. I fischi dello Juventus Stadium che lo travolgono ogni qualvolta tocca il pallone fanno capire quanto sia ancora decisivo
(26'st Perrotta sv: entra per dare copertura alla squadra sotto di un uomo. Non brilla)
Lamela 4.5: parte benissimo, seminando il panico nella difesa avversaria. Poi cade nelle provocazioni di Chiellini e rimedia il primo rosso della sua carriera italiana. Comunque sanguigno. Per fortuna.
Bojan 5: nel primo tempo tocca lo stesso numero di palloni del raccattapalle con cui condivide la fascia. Nella ripresa non scende proprio in campo. Pessimo.
(12'st Borini 5.5: ribaltare una gara del genere è difficile, sebbene nelle sue corde. Qualche minuto per svettare di testa, tirare alto sopra la traversa dopo un'invenzione di Totti e metterci il solito veleno. Non basta, ma è sicuramente più di quello che ha fatto Bojan)
All. Luis Enrique 5: niente esclamazioni, solo interrogativi. Perché cambiare 2/4 della difesa, reparto più affidabile delle ultime gare? Perché mettere Kjaer, centrale lento, impacciato e impaurito contro la squadra più rapida e letale della Serie A? Perché preferire Bojan a Borini? Turn over? Eppure mancano così tanti giorni a domenica: c'è tempo per recuperare...
Taddei 5: soffre tantissimo la velocità e la freschezza di Estigarrabia, nel secondo tempo prende coraggio, ma scivola e sbaglia in continuazione l'interpretazione della diagonale.
Heinze 6: annulla completamente Borriello, ma non può marcare anche Kjaer.
Kjaer 4: continua ad interpretare malissimo tutte le situazioni difensive. Di nuovo come con la Fiorentina e l'Udinese, insegue l'uomo e cade nell'elastico di Giaccherini. Chiude meravigliosamente con un autogol, in un momento storico del calcio, in cui l'autorete è quasi estinta. E' giovane e deve imparare, ma non a discapito della Roma.
José Angel 4.5: ma dove è finito l'esterno tutta corsa e grinta di inizio stagione? Non spinge, non copre. Gigioneggia.
Gago 6: cresce di minuto in minuto ed è l'unico a provare a mettere in difficoltà Storari, con qualche tiro dalla distanza. E' l'ultimo a mollare.
Pjanic 6: l'impressione è che affrontare faccia a faccia Pirlo non sia proprio il massimo della vita. Non si nasconde e risponde di spada.
Simplicio 5: sempre impreciso, non aggiunge nulla e non chiude un passaggio.
(22' st Greco sv: non incide, ma forse non ne ha il tempo)
Totti 6: il colpo di tacco che smarca Borini vale il biglietto e la serata storta. I fischi dello Juventus Stadium che lo travolgono ogni qualvolta tocca il pallone fanno capire quanto sia ancora decisivo
(26'st Perrotta sv: entra per dare copertura alla squadra sotto di un uomo. Non brilla)
Lamela 4.5: parte benissimo, seminando il panico nella difesa avversaria. Poi cade nelle provocazioni di Chiellini e rimedia il primo rosso della sua carriera italiana. Comunque sanguigno. Per fortuna.
Bojan 5: nel primo tempo tocca lo stesso numero di palloni del raccattapalle con cui condivide la fascia. Nella ripresa non scende proprio in campo. Pessimo.
(12'st Borini 5.5: ribaltare una gara del genere è difficile, sebbene nelle sue corde. Qualche minuto per svettare di testa, tirare alto sopra la traversa dopo un'invenzione di Totti e metterci il solito veleno. Non basta, ma è sicuramente più di quello che ha fatto Bojan)
All. Luis Enrique 5: niente esclamazioni, solo interrogativi. Perché cambiare 2/4 della difesa, reparto più affidabile delle ultime gare? Perché mettere Kjaer, centrale lento, impacciato e impaurito contro la squadra più rapida e letale della Serie A? Perché preferire Bojan a Borini? Turn over? Eppure mancano così tanti giorni a domenica: c'è tempo per recuperare...
Luis Enriqgma: la mia formazione per Juventus-Roma
Spazio al turn over, ma con la giusta misura.
Dopo la prova convincente di sabato pomeriggio contro il Cesena, la Roma di Luis Enrique non ha tempo di adagiarsi sugli allori.
Questa sera, infatti, bisognerà già provare a confermarsi. L'imperativo è conquistare la continuità invocata più volte dal tecnico asturiano.
E quale miglior avversario se non l'imbattuta Juventus di Antonio Conte, per comprendere se si è davvero e finalmente diventati grandi?
Anche perché in palio, oltre alla soddisfazione di regalare il primo dispiacere della stagione ai bianconeri, ci sono le semifinali di Coppa Italia, competizione da sempre molto vicina ai colori giallorossi.
In una Torino che si è svegliata avvolta da una fitta coltre di nebbia, la Roma di Luis Enrique dovrebbe scendere in campo con un paio di modifiche rispetto al match contro il Cesena.
Presente Stekelenburg in porta, la linea difensiva sarà confermata per 3/4: partiranno titolari Rosi e Taddei sugli out e Heinze al centro. Juan, invece, sarà sostituito da Simon Kjaer.
In mediana spazio a Gago e Pjanic, con Simplicio che si giocherà una maglia da titolare con Greco e Perrotta. Per ora il brasiliano appare in leggero vantaggio.
In avanti il tridente delle meraviglie costituito da Totti, Lamela e Borini. Attenzione a Bojan, però, che potrebbe essere lanciato a sorpresa nella mischia.
La mia formazione: Stekelenburg; Rosi, Kjaer, Heinze, Taddei; Gago, Pjanic, Simplicio; Totti, Lamela, Borini
Dopo la prova convincente di sabato pomeriggio contro il Cesena, la Roma di Luis Enrique non ha tempo di adagiarsi sugli allori.
Questa sera, infatti, bisognerà già provare a confermarsi. L'imperativo è conquistare la continuità invocata più volte dal tecnico asturiano.
E quale miglior avversario se non l'imbattuta Juventus di Antonio Conte, per comprendere se si è davvero e finalmente diventati grandi?
Anche perché in palio, oltre alla soddisfazione di regalare il primo dispiacere della stagione ai bianconeri, ci sono le semifinali di Coppa Italia, competizione da sempre molto vicina ai colori giallorossi.
In una Torino che si è svegliata avvolta da una fitta coltre di nebbia, la Roma di Luis Enrique dovrebbe scendere in campo con un paio di modifiche rispetto al match contro il Cesena.
Presente Stekelenburg in porta, la linea difensiva sarà confermata per 3/4: partiranno titolari Rosi e Taddei sugli out e Heinze al centro. Juan, invece, sarà sostituito da Simon Kjaer.
In mediana spazio a Gago e Pjanic, con Simplicio che si giocherà una maglia da titolare con Greco e Perrotta. Per ora il brasiliano appare in leggero vantaggio.
In avanti il tridente delle meraviglie costituito da Totti, Lamela e Borini. Attenzione a Bojan, però, che potrebbe essere lanciato a sorpresa nella mischia.
La mia formazione: Stekelenburg; Rosi, Kjaer, Heinze, Taddei; Gago, Pjanic, Simplicio; Totti, Lamela, Borini
lunedì 23 gennaio 2012
Passato, presente e futuro si incontrano in un punto preciso: il tiro di Totti. Primo in tutto...
Non occorre scomodare
vecchi e impolverati tomi di fisica quantistica per dimostrarlo. Né
richiamare alla memoria perse quanto inutili teorie liceali. Sono le
sensazioni a parlare, trasformandosi, come spesso accade, in dati di
fatto. In realtà. In vita.
Passato, presente e
futuro non esistono. O meglio, non possono esistere nello stesso
momento. Perché il tempo non può avere un prima, un adesso o un
dopo. Semplicemente c'è. E' un flusso. Un continuo.
Eppure, sabato
pomeriggio, con scenario lo stadio Olimpico di Roma, c'è stato un
momento in cui passato, presente e futuro si sono incontrati. Per
meglio dire incrociati. Come linee tirate e tracciate da chissà
quale architetto e per quale motivo. E quel momento è arrivato al
secondo numero 45. Vantando una posizione spaziale ben precisa: sei
metri all'interno dell'area di rigore del Cesena, spostata sulla
destra. Il colpo di tacco di Lamela, il tiro di Totti, il record di
Nordhal frantumato dopo 53 anni. Presente, passato e futuro
irriconoscibili, mescolati, agitati, dilatati, trasformati in una
sfera che deve entrare in rete. Perché è scritto. Perché non può
essere che così.
Primo. Primo a segnare.
Primo a farci alzare dal seggiolino. Primo il minuto. Primo tra i
bomber con la stessa maglia. Primo a mettere la fascia da capitano.
Primo a ricevere la maglia, con qualsiasi allenatore. Primo a
mettersi a disposizione. Primo a prendersi le responsabilità. Primo
a difendere tecnico, progetto, idea, società. Primo in tutto.
E scusateci se
Roma-Cesena 5-1, quarta vittoria consecutiva, terzo posto ad un
passo, prova superlativa di Juan, Borini, Pjanic e Gago, scelte di
nuovo azzeccate di Luis Enrique, risulta essere un contorno, seppur
splendido.
Tutto in questa gara è
richiamo a qualcos'altro, che potendo, vorremmo raccontare insieme.
Non possiamo: problemi di linearità della lingua.
L'ultima volta che la
Roma rifilò cinque gol ad un avversario accadde sette anni fa:
stagione 2004/2005. Anche in quell'occasione venne scalzato un
record. Quello di Pruzzo, fino a quel momento re dei bomber
giallorossi con 106 gol. Indovinate un po' chi fu a frantumarlo?
sabato 21 gennaio 2012
Roma-Cesena: le pagelle. Totti, da dieci in tutti i sensi: è nella storia!
Stekelenburg 6: il gol di
Eder, tra l'altro arrivato al termine di una grande giocata, gli
rovina l'ennesima giornata da spettatore non pagante. Si rifa qualche
minuto più tardi, quando intercetta con la punta della manona, un
dribbling del numero 7 bianconero, lanciato solo a rete.
Rosi 6.5: altra partita
perfetta. Sull'out scende che è un piacere e finalmente riesce ad
inventare anche qualche cross interessante. Ormai è padrone assoluto
della fascia destra.
Heinze 6.5: sarà un
caso, ma quando c'è lui al centro della difesa, si soffre davvero
pochissimo. Specialmente sui calci piazzati: ogni pallone alto è
suo. Di diritto.
Juan 7.5: corona una
prestazione perfetta con il primo gol in campionato, siglato
raccogliendo una corta respinta di Antonioli. Quando decide di
giocare non ce n'è per nessuno. Chiedete a Candreva se non ci
credete: superato in dribbling, con un colpo di tacco, al limite
dell'area di rigore.
(32' st Kjaer sv: qualche
minuto per prendere confidenza con la squadra e gli schemi. Mostra
sempre i soliti limiti in fase di impostazione)
Taddei 6.5: giornata di
poche preoccupazioni: dalle sue parti, infatti, non si corre
praticamente nessun pericolo. Il brasiliano è anche libero di
affacciarsi in avanti e provare qualche giochino dei suoi. Chiude con
la fascia da capitano e per la seconda volta consecutiva. Mica male
no?
Gago 6.5: assente De
Rossi, è lui ad accomodarsi in cabina di regia, a tirare le leve che
manovrano la squadra. Fa il suo compitino senza sbavare e rischiando
il giusto. Nella ripresa, dopo l'ingresso di Viviani, si sposta nel
ruolo di intermedio: in quella posizione può sfogare tutta la sua
grinta.
Pjanic 7: parte da
intermedio, chiude nel ruolo di trequartista, regalando assist come
fossero cioccolatini. Il primo gol sotto la Sud, poi, non si scorda
mai: ci prova col destro, Antonioli respinge alla meglio, ma nulla
può sul successivo, potentissimo, sinistro. Difficile ricordare un
simile impatto sul campionato italiano di un ragazzo giovanissimo,
alla prima esperienza in Serie A
Greco 6.5: mezzo voto in
più per l'assist che porta al gol di Borini. Per il resto appare
sempre in ritardo e poco pulito. In una vittoria così larga, però,
ha anche lui i suoi meriti.
Lamela 7: sessanta
secondi e un colpo di tacco sensazionale permette a Totti di siglare
l'1-0. Altri quattrocentoventi per il cross che porta alla bomba al
volo del Capitano che vale il 2-0. Poi solo giocate che fanno venire
la pelle d'oca. Gli manca unicamente il gol.
(7'st Bojan 6.5: si
affanna come un dannato e solo uno strepitoso intervento di
Antonioli, l'unico della partita, gli nega il gol che potrebbe
sbloccarlo. Sarà per la prossima, magari già a Torino)
Totti 10: in soli 7
minuti compie altri due passi nella storia, riscrivendola. Non si
stanca mai di far registrare nuovi record, così come non si stanca
di correre e sacrificarsi per la squadra. Nella ripresa rincorre per
cinquanta metri un emerito sconosciuto, per poi chiuderlo in
scivolata, in fallo laterale. Meno male che era finito... 211
messaggi d'amore a chi continua a criticarlo, 266 totali.
(20' st Viviani 6.5:
torna nel ruolo che gli risulta più congeniale, quello di playmaker
e prova a mettere ordine. La gara, che va spegnendosi, lo aiuta)
Borini 7: corre, lotta,
tira, segna. London Borini è sempre decisivo. La Roma, soprattutto
in questo momento, non può fare a meno di lui.
All. Luis Enrique 7: la
gara di Catania sembra avergli insegnato molto. Fuori Kjaer,
Simplicio e Bojan e dentro i più rocciosi Heinze, Greco e Borini. I
risultati si vedono e anche i gol, finalmente, che cominciano ad
arrivare come il tecnico asturiano, ad inizio stagione, aveva
promesso. Adesso sotto con la Juventus.
Arbitro Giannocaro 6: il
secondo gol di Totti è in fuorigioco, ma lui non può vederlo e
l'assistente non lo aiuta. Non sanziona, però, due interventi in
area di rigore che varrebbero il penalty. il primo su un tiro di
Pjanic, deviato vistosamente con la mano e una strattonata su Bojan.
Il risultato promuove anche lui.
Luis Enriqgma: la mia formazione per Roma-Cesena
De Rossi e Pizarro out. Caprari e Viviani in. Lamela completamente recuperato.
Queste le principali notizie che arrivano dalla nuova lista dei convocati fornita da Luis Enrique a poche ore dalla sfida contro il Cesena. Nulla di strano o di inimagginabile, come accadeva nei primi tempi dell'avventura romana del tecnico asturiano, ma scelte assolutamente prevedibili e preventivate.
Anche per questo motivo, la formazione che affronterà l'anticipo dell'ultimo turno del girone d'andata, non dovrebbe presentare molte novità.
Con Stekelenburg in porta, la linea difensiva sarà costituita da Taddei a sinistra, Juan e Kjaer al centro e Rosi a destra. Heinze, dunque, ancora una volta sarà costretto ad accomodarsi in panchina, pronto a subentrare all'occorrenza. A centrocampo, visto il forfait forzato di Daniele De Rossi, che dovrebbe tornare a disposizione per il match di martedì sera contro la Juventus, il ruolo di playmaker sarà ricoperto da Gago, affiancato da Simplicio e Pjanic.
In avanti, nonostante le varie forme di tridente provate da Luis Enrique che vedevano la costante presenza di Borini, il trio d'attacco sarà costituito da Lamela, Totti e Bojan.
L'undici titolare per Roma-Cesena: Stekelenburg; Taddei, Juan, Kjaer, Rosi; Gago, Pjanic, Simplicio; Lamela, Totti, Bojan.
Queste le principali notizie che arrivano dalla nuova lista dei convocati fornita da Luis Enrique a poche ore dalla sfida contro il Cesena. Nulla di strano o di inimagginabile, come accadeva nei primi tempi dell'avventura romana del tecnico asturiano, ma scelte assolutamente prevedibili e preventivate.
Anche per questo motivo, la formazione che affronterà l'anticipo dell'ultimo turno del girone d'andata, non dovrebbe presentare molte novità.
Con Stekelenburg in porta, la linea difensiva sarà costituita da Taddei a sinistra, Juan e Kjaer al centro e Rosi a destra. Heinze, dunque, ancora una volta sarà costretto ad accomodarsi in panchina, pronto a subentrare all'occorrenza. A centrocampo, visto il forfait forzato di Daniele De Rossi, che dovrebbe tornare a disposizione per il match di martedì sera contro la Juventus, il ruolo di playmaker sarà ricoperto da Gago, affiancato da Simplicio e Pjanic.
In avanti, nonostante le varie forme di tridente provate da Luis Enrique che vedevano la costante presenza di Borini, il trio d'attacco sarà costituito da Lamela, Totti e Bojan.
L'undici titolare per Roma-Cesena: Stekelenburg; Taddei, Juan, Kjaer, Rosi; Gago, Pjanic, Simplicio; Lamela, Totti, Bojan.
sabato 14 gennaio 2012
Luis Enriqgma: la mia formazione per Catania-Roma
Il primo confronto tra Montella e Luis Enrique. Il passato glorioso, contro un presente che si spera, diventi presto futuristico.
Il ritorno a Catania. Mai terra di conquiste e nemmeno di grandi accoglienze per i nostri colori.
La presenza di Maxi Lopez. Uno dei nomi papabili del mercato giallorosso, per riempire la casellina "attaccante" lasciata vuota da Marco Borriello e andare a rimpinguare la già ampiamente rappresentata colonia argentina-romana.
Quante storie in una, in questo Catania-Roma. Terzo match (contando la Coppa Italia) di questo 2012 e primo vero punto di svolta della stagione di Totti e compagni. Proprio attorno al Capitano giallorosso, nel pomeriggio di ieri, si è aperto un piccolo giallo. Il numero dieci, infatti, ha lasciato anticipatamente l'ultimo allenamento prima della partenza per Catania, ma solo in via precauzionale, si sono affrettati a far sapere da Trigoria, a causa di un leggero affaticamento muscolare, che sarà rapidamente smaltito. Totti sarà, dunque, ancora il punto di riferimento del reparto avanzato giallorosso, che dovrebbe essere costituito dal sempre più convincente Lamela e da una new entry: Fabio Borini. La prestazione dell'ex Swansea contro la Fiorentina, infatti, avrebbe convinto Luis Enrique a dargli una chance dal primo minuto, al posto di un Bojan tanto voglioso quanto inconcludente. In trasferta, poi, e lo testimoniano le gare di Parma, Milano e Genova, Borini è sempre stato preferito agli altri attaccanti, anche ad un Osvaldo in grande stato di forma.
Per il resto poche novità. Con Stekelenburg, ovviamente, tra i pali, la linea difensiva vedrà il rientro di Rosi a destra e Juan al centro, reparto completato da Heinze e Taddei. In mediana, invece, spazio al trio delle meraviglie De Rossi, Gago, Pjanic, con Simplicio pronto a subentrare all'occorrenza.
Ecco il "mio" undici titolare per la sfida contro il Catania:
Stekelenburg; Rosi, Juan, Heinze, Taddei; De Rossi, Gago, Pjanic; Totti, Lamela, Borini.
Il ritorno a Catania. Mai terra di conquiste e nemmeno di grandi accoglienze per i nostri colori.
La presenza di Maxi Lopez. Uno dei nomi papabili del mercato giallorosso, per riempire la casellina "attaccante" lasciata vuota da Marco Borriello e andare a rimpinguare la già ampiamente rappresentata colonia argentina-romana.
Quante storie in una, in questo Catania-Roma. Terzo match (contando la Coppa Italia) di questo 2012 e primo vero punto di svolta della stagione di Totti e compagni. Proprio attorno al Capitano giallorosso, nel pomeriggio di ieri, si è aperto un piccolo giallo. Il numero dieci, infatti, ha lasciato anticipatamente l'ultimo allenamento prima della partenza per Catania, ma solo in via precauzionale, si sono affrettati a far sapere da Trigoria, a causa di un leggero affaticamento muscolare, che sarà rapidamente smaltito. Totti sarà, dunque, ancora il punto di riferimento del reparto avanzato giallorosso, che dovrebbe essere costituito dal sempre più convincente Lamela e da una new entry: Fabio Borini. La prestazione dell'ex Swansea contro la Fiorentina, infatti, avrebbe convinto Luis Enrique a dargli una chance dal primo minuto, al posto di un Bojan tanto voglioso quanto inconcludente. In trasferta, poi, e lo testimoniano le gare di Parma, Milano e Genova, Borini è sempre stato preferito agli altri attaccanti, anche ad un Osvaldo in grande stato di forma.
Per il resto poche novità. Con Stekelenburg, ovviamente, tra i pali, la linea difensiva vedrà il rientro di Rosi a destra e Juan al centro, reparto completato da Heinze e Taddei. In mediana, invece, spazio al trio delle meraviglie De Rossi, Gago, Pjanic, con Simplicio pronto a subentrare all'occorrenza.
Ecco il "mio" undici titolare per la sfida contro il Catania:
Stekelenburg; Rosi, Juan, Heinze, Taddei; De Rossi, Gago, Pjanic; Totti, Lamela, Borini.
giovedì 12 gennaio 2012
Lionel Messi, il calcio fatto persona. Ma non lo si può spiegare...
Spiegare Lionel Messi
sarebbe come tentare di spiegare la gioia che si prova nel vedere un
pallone rotolare lungo un prato verde. Se per la gara di un Mondiale
o per una semplice scampagnata tra amici, non ha importanza. Quando
una sfera si mangia in velocità il terreno, che sia di erba,
pozzolana o asfalto, produce una sola sensazione: felicità.
Chi non ama il calcio non
può capire. Come spiegare a qualcuno che non ha mai annoverato il
pallone tra le proprie fedi (esatto, non passioni!), che esistono
diversi modi di esultare e diversi tipi esultanze? Si può gioire per
un gol della propria squadra. Per quello di un'altra su un campo
differente. Addirittura per quello di un giocatore di una formazione
avversaria, che non ha mai vestito, e probabilmente mai vestirà, la
tua maglia.
E' impossibile farlo.
Come cercare di spiegare Lionel Messi.
Guardando giocare il
talento argentino, si ha una sola impressione. Che a tratti sfiora
addirittura la blasfemia. Messi è il calcio fatto persona. E non lo
diciamo forti del fatto che il fantasista blaugrana ha raggiunto, in
soli dieci anni di carriera (otto ad alti livelli) il suo terzo
pallone d'oro consecutivo. Impresa, in passato, riuscita solo ad un
certo Michel Platini. Uno che, non a caso, chiamavano Le Roi,
il re. Ma perché la sua storia, come quella di ogni predestinato,
sembra avere un motivo preciso in ogni istante. Somigliando più ad
una fiaba, che ad una leggenda.
Messi comincia a giocare
a calcio a cinque anni, nel Grandoli, la squadra allenata dal padre.
E' il più piccolo della rosa, ma anche il più forte. Tre anni dopo
passa al Newell's Old Boys. Tocca la palla come nessuno e, nonostante
la sua statura, salta avversari come birilli, meritandosi il
soprannome di Pulga, la pulce. Epiteto che non lo lascerà
mai.
Messi segna. Segna
ancora. E se può, lo fa di nuovo. Così come qualche osservatore,
che allo stesso modo continua a segnare il suo nome su un taccuino.
Un numero talmente alto di volte, da rendere necessario un provino.
E' partita la caccia al nuovo Maradona. Tutti i più importanti club
argentini vogliono strappargli un contratto.
Come spesso accade, però,
il sogno vira improvvisamente, tramutandosi in incubo. Il ragazzo non
cresce e i genitori cercano di capirci qualcosa in più. Gli viene
diagnosticato l'ipopituitarismo, tecnicamente una deficienza
di secrezione di somatotoprina. Il rischio concreto è il nanismo.
Servono cure costose e immediate. La folla che sarebbe stata pronta a tutto per accaparrarsi il nuovo fenomeno, si fa da parte. Compresi
River Plate e Boca Juniors. Rimane in piedi una sola strada. La più
folle e dunque anche la più percorribile. Quella che porta in
Europa. E' il Barcellona a credere in lui, caricandosi di tutte le
spese: il cartellino, il trasferimento, suo e della famiglia, e le
necessità mediche. Messi approda in Spagna e firma il suo primo
contratto in blaugrana il primo marzo 2001. Su un tovagliolo, sul
cofano della macchina del ds Carles Rexach.
Il resto è storia di
oggi. E lo racconta una bacheca, talmente piena, da sembrare colma.
Salvo poi, ogni anno, trovare spazio per qualche altro trofeo. Cinque
campionati spagnoli, una Coppa di Spagna, cinque Supercoppa di
Spagna, tre Uefa Champions League, due Supercoppa Europee, due
Mondiali per Club, un oro Olimpico e un Mondiale Under 20. In mezzo
tanti di quei titoli individuali da mettere i brividi.
“Non sarà mai come
Maradona. Pele. Cruyff. Van Basten. Ronaldo. Totti”. Come termine
di paragone, metteteci chi vi pare. Il senso non cambierà. Avranno
ragione tutti. E nessuno.
Questo è l'ennesimo lato
bello del calcio: chiunque può parlarne, senza timore di smentita.
Il pallone è lo sport più popolare che esista: bastano due sassi e
una sfera di cuoio e si può dar inizio alla festa. Nessun'altra
attività potrà somigliargli. Provate a giocare a basket, o a
tennis, oppure a pallavolo con le sole cose che avete indosso. Non ci
riuscirete mai.
Il calcio è bello. Così
come lo è Lionel Messi. Ma come capirlo, se non lo si vive sulla
pelle?
Un'enigma, però, il
talento argentino sembra averlo risolto. E con grande facilità. Come
può un ragazzino nato piccolo e condannato a restarlo per
l'eternità, guardare tutti dall'alto al basso? Semplice. Salendo sul
gradino più alto del podio. Sempre.
London Borini calling. La Roma risponde presente
“London Borini calling”
avrebbero urlato i Clash in preda al furore. Borini chiama. E la Roma
risponde. Non dall'oltretomba, da dove la band britannica provava a
scuotere la propria generazione, ma di certo da quel luogo della
mente che di mercoledì sera, con soli due gradi sul termometro, ti
farebbe fare tutto, piuttosto che giocare una partita di calcio. E
invece...
London Borini calling,
dunque. Senza dimenticare Perrotta. Perché se qualcuno ha modellato
un indefinito pezzo di creta, trasformandolo nell'ennesima
qualificazione ai quarti di finale di Coppa Italia, quelli sono stati
certamente l'ex attaccante del Chelsea e il super Simo nazionale.
Certo, poi, ci sono volute la classe, l'eleganza e il talento di Erik
Lamela a perfezionare il tutto. Ma si sa, l'artista prende lo
scalpello in mano solo per dare un senso all'opera. Della serie:
“Perché non parli...”
A Perrotta sono bastati
45 minuti più recupero per ricordare a tutti di che professionista
ci si era dimenticati. Entrato al posto di un intermittente Viviani,
penalizzato anche dal ruolo di intermedio nel quale Luis Enrique ha
voluto sperimentarlo, il numero 20 giallorosso ha sùbito dato la
scossa a compagni e pubblico. Il recupero in scivolata su un Cerci
tanto sopravvalutato quanto svagato è l'immagine perfetta della sua
voglia. La stessa che stava consumando da tempo Fabio Borini. London
è sembrato entrare in campo come in preda ad un bisogno impellente:
la caparbietà di un Gattuso e la necessità di fare gol di un
Inzaghi. Dopo aver messo lo zampino sulla rete del 2-0, sfrutta
l'errore di Neto per siglare il suo primo gol all'Olimpico. Eravamo
stati buoni profeti: con un Borini in queste condizioni, tornare sul
mercato, soprattutto in attacco, non sembra avere molto senso.
Roma-Firenze. Andata e
ritorno in 38 giorni. Come viaggiare attraverso il tempo e lo spazio,
lungo una parabola che dall'altro da te, è capace di riportarti a
casa. In mezzo la fine di un anno solare e l'inizio di un altro,
cinque risultati utili consecutivi, dei quali quattro vittorie, porta
inviolata da più di 210 minuti, invisibili cambi societari e tuffi
in piscina.
Un unico punto in comune:
Cicinho. Passato dal lettino dei massaggi a quello dell'analista. “Mi
scuso con i tifosi per tutte le volte che ho detto di andar via. Ora
voglio restare”. La valigia sul letto, però, assomiglia tanto a
quella di un lungo viaggio...
mercoledì 11 gennaio 2012
Roma-Fiorentina: le pagelle. Lamela immenso, ma la vittoria è da dividere a metà con Borini e Perrotta
Stekelenburg 7:
pronti-via è chiamato ad un paio di interventi davvero scomodi. Uno
sulla conclusione ravvicinata di Ljaic, al quale non concede nemmeno
l'angolo, l'altro su un'azione flipper che corre lungo la linea di
porta, prima di concludersi tra le sue braccia. Nella ripresa, sulla
conclusione a botta sicura di Behrami è salvato in extremis da un
compagno. Poi più niente. Solo tanto freddo. Terza gara consecutiva
imbattuto.
Cicinho 6.5: Luis
Enrique, orfano di Rosi, lo getta nella mischia quasi a sorpresa,
preferendo la sua voglia di rivalsa, all'ennesimo spostamento di
Taddei a destra. Il brasiliano, sul mercato ormai da mesi e con la
valigia sempre pronta per tornare in patria, lo ripaga con una prova
tutto sommato sufficiente, senza infamia, né lode. La pessima
prestazione di un mese fa, in quel del Franchi, è completamente
dimenticata. I fischi dell'Olimpico meno.
(23' st José Angel
6.5: riprende esattamente da dove aveva interrotto la gara contro
il Chievo: corsa e quantità. Sembra in ripresa, ma al momento del
suo ingresso il risultato è più che acquisito)
Heinze 7:
l'impressione è che senza di
lui la difesa non possa proprio presentarsi in campo. Dove non
arrivano le gambe, ci pensa la voce: scuote e incita i propri
compagni di reparto. Sbaglia pochissimo.
Kjaer 5.5: tornare
in campo dopo un infortunio muscolare (il secondo al flessore),
arrivato nel tentativo di rincorrere un velocissimo Di Natale, non
deve essere facile. Soprattutto quando dalla testa, non si riesce a
far uscire l'errore che ha condizionato il derby. Nel primo tempo non
azzecca un intervento, soffrendo la rapidità e i movimenti di
Jovetic e Ljiac. Cresce nella ripresa, insieme al risultato e a tutta
la squadra.
Taddei 6.5: tre
giorni, 180 minuti, tre cambi di fascia. Con il Chievo ha giocato a
destra, con la Fiorentina comincia a sinistra, per poi chiudere, al
momento dell'ingresso di José Angel, dalla parte opposto. Eppure il
suo rendimento non cambia.
Gago 6.5: titolare
dopo più di un mese di assenza, ritrova il suo ruolo più
congeniale, quello di playmaker. Inventa le giuste geometrie, ma dà
l'impressione di poter osare ancora qualcosa in più.
Viviani 6: la
chance che gli concede Luis Enrique è importante e lui prova a
sfruttarla al massimo delle sue potenzialità. Ovvio che può fare di
più, probabilmente non lo aiuta nemmeno il cambio di ruolo, ma
aspettiamolo con pazienza. Diventerà un grandissimo.
(1' st Perrotta 7: il
3-0 finale è per gran parte merito suo e nessuno può negarlo. Dal
suo ingresso, la gara della Roma, infatti, subisce come un'impennata.
Dinamismo e quantità in ogni zona del campo. Professionista
esemplare, non è affatto un rincalzo.)
Greco 5: probabilmente
la peggiore gara della sua stagione. Appare statico, meccanico e
sulle gambe. Incomprensibile tenerlo in campo 90'.
Bojan 6: meno
brillante rispetto al match contro il Chievo, strappa la sufficienza,
ma non convince a pieno.
(15' st Borini 7.5:
ha voglia di spaccare il mondo e si vede fin da subito. Recupera
tantissimi palloni, come fosse un mediano vecchia maniera e sotto
porta sembrato torna il cecchino che aveva conquistato Londra e in
particolare il quartiere di Chelsea. Serve a Totti un pallone che il
Capitano trasforma nell'assist per il 2-0, poi si inventa il gol che
chiude la gara. Il secondo in maglia giallorossa. Ben tornato,
Fabio!)
Lamela 8: non
ci sono più parole per descriverlo. Sigla la prima doppietta con
questa maglia, segnando con una tranquillità e una semplicità
estrema, due gol che, invece, tanto facili non sono. Continua ad
essere decisivo, confermandosi pedina insostituibile di questa
squadra. E' il vero crack della stagione.
Totti 7: nonostante
non brilli come al solito, alla fine della fiera, si mette comunque
in tasca due assist. Oltre ad una quantità di giocate di grandissima
classe ed alto coefficiente di difficoltà. Gli manca solo il gol,
che Neto, con un grande intervento, gli nega nel primo tempo. Rimane
in campo per novanta minuti, come un Capitano vero.
All. Luis Enrique 7:
quando ad inizio gara l'occhio
ti cade sulla formazioni ufficiali, ti chiedi se un destino beffardo
ti abbia portato indietro di un mese. Precisamente a quella nefasta
domenica pomeriggio di dicembre, che vide la Fiorentina asfaltare una
Roma impaurita e irriconoscibile. Cicinho in campo e Pjanic fuori
sembrano le due scelte più discutibili. Il risultato premia le idee
del tecnico asturiano, che ancora una volta azzecca anche i cambi.
Sempre più padrone della squadra e dell'intero ambiente romano.
Chapeaux.
Arbitro De Marchi 6.5:
sempre padrone della gara, aiutato anche dall'inerzia del match che
non lo mette mai di fronte ad episodi di difficile interpretazione.
martedì 10 gennaio 2012
Il flauto magico: Totti suona e tutti gli vanno dietro
Gli
esterni. Alti o bassi non fa differenza. I terzini. Le ali. Gli out.
Chiamatele un po' come volete, ma sono le fasce nel calcio moderno a
fare la differenza. E dunque anche nel gioco della Roma, che di nuovo
e futuristico ha tutto, ma talmente ben frullato insieme, da sembrare
niente.
Due
sono le parole che possono descrivere perfettamente il primo match
del 2012: intensità e continuità.
Intensità
perché non è mai semplice rientrare dalle vacanze, dopo aver chiuso
l'anno solare al top e riprendere esattamente da dove ci si era
fermati. Con la stessa cattiveria, la stessa convinzione.
Continuità
e non solo nel risultato. Nell'inviolabilità della porta di
Stekelenburg, che chiude la seconda gara consecutiva imbattuto. In
una formazione titolare sempre più simile alla precedente.
Finalmente. E che infortuni a parte sarebbe potuta essere per la
prima volta in stagione identica.
Intensità
e continuità, dunque. Sebbene sia un'intuizione tattica di Luis
Enrique a cambiare la gara. L'inversione di Bojan e Lamela. Un
mancino a destra e un destro a sinistra. Non a caso il calcio di
rigore che sblocca il match arriva da un'accelerazione
dell'argentino, azione molto simile a quella dell'1-0 del San Paolo.
"Non
siamo una banda musicale e non lo siamo mai stati" ha
dichiarato a fine partita Luis Enrique. Nulla di più vero, sebbene
qualcuno che suona il flauto e si porta tutti dietro c'è e si chiama
Francesco Totti. Decisivo come al solito e sempre più consapevole
del proprio ruolo di guida per i compagni di squadra.
18
19 22. Nessuna cabala particolare legata a questi numeri. Solo l'età
dei tre attaccanti con cui la Roma ha chiuso la partita, quella di
Caprari, Lamela e Bojan. Questo il motivo per cui sembra inutile
tornare sul mercato, specialmente in attacco: meglio sarebbe dar
fiducia ai propri ragazzi, dei quali fa parte anche Borini e
attendere, con pazienza, il rientro di Osvaldo.
A
proposito di mercato: qualcuno fermi il binario del treno
Roma-Torino, che troppo simile alla ferrovia trans siberiana procede
solo in un senso. Tra l'altro sembra che lassù, i nostri regali, non
siano nemmeno troppo graditi.
domenica 8 gennaio 2012
Roma-Chievo: le pagelle. Totti, ritardo perdonato. Lamela è il calcio! Bojan deve essere più cinico
Stekelenburg 6.5: inoperoso per gran parte della gara, deve mettere le mani solo su un colpo di testa velenoso di Pellissier. Chiude imbattuto la seconda gara consecutiva. Mica male.
Taddei 6.5: destra, sinistra, centro. Mettetelo dove volete, lui sfodererà la solita prestazione di grandissima intensità. Gioca terzino solo da qualche mese eppure sembra correre lungo la fascia da una vita. Non sbaglia una chiusura e in fase propositiva fa impazzire i suoi avversari. Ormai non si può più parlare di sorpresa.
Juan 7: al posto giusto, al momento giusto. Sembra tornato ai suoi grandissimi livelli. L'obiettivo sarà mantenerli il più a lungo possibile.
Heinze 7: guida la difesa con grande maestria e con la solita cattiveria. È indispensabile per questa difesa.
Josè Angel 6: parte timoroso, poi cresce con il passare dei minuti, senza convincere mai fino in fondo. Appare ancora troppo confusionario e poco funzionale alla manovra. L'errore su fallo da laterale che innesca il contropiede del Chievo è da insufficienza grave. Salva il giudizio solo grazie a Moscardelli e al risultato finale.
De Rossi 7.5: nonostante in questa settimana si sia allenato a singhiozzo si rende protagonista della consueta prova sopra le righe. Esce sfinito e l'Olimpico gli regala un'infinita standing ovation. Gli applausi del suo pubblico, oltre che ringraziarlo, sembrano chiedergli anche qualcosa. La firma.
(31' st Greco sv. entra in campo subito dopo il raddoppio di Totti. C'è solo da osservare lo scorrere dell'orologio. E aspettare...)
Pjanic 7: un po' più nervoso rispetto al solito e anche meno pulito. Ha dalla sua la grande facilità di intuire il tipo di partita e interpretarla nel modo giusto. Sta diventando inamovibile.
Simplicio 7: quarta partita da titolare ed ennesima prova convincente. In campo a sorpresa al posto di Gago, è il vero cervello del centrocampo giallorosso. Mette lo zampino in ogni azione.
(22'st Gago 6 torna dopo un mese di assenza forzata. Deve riprendere il ritmo partita)
Totti 8: festeggia il ritorno al gol con una maglia splendidamente autoironica. Comprendere la differenza che passa tra il suo essere o non essere in campo è semplice quanto capire la differenza tra la luce e il buio. "Scusate il ritardo". E come non potremmo, Capitano? (45'st Caprari sv)
Bojan 6.5: ha l'arduo compito di sostituire l'uomo più prolifico di questa squadra, Osvaldo, ma entra in campo senza alcun timore. Manca del cinismo necessario a concretizzare le tante occasioni che gli capitano tra i piedi. Deve crescere.
Lamela 7: questo ragazzo è il gioco del calcio! Parte sulla destra, ma diventa realmente pericoloso sulla sinistra, out lungo il quale si procura anche il calcio di rigore in un'azione molto simile a quella che aveva sbloccato il match del San Paolo. Ogni volta che tocca la palla si ha la certezza che sta per succedere qualcosa. Il bello è che l'argentino non solo è concreto, ma anche bello da vedere. E ha solo 19 anni!
All. Luis Enrique 7: conferma per 9/11 la formazione di Bologna, dando l'impressione che, infortuni permettendo, avrebbe voluto metterla in campo identica. Non sbaglia nulla, nemmeno un cambio. Finalmente si dimostra pazzo e savio con lo stesso grado d'intensità. Avanti così.
Arbitro Russo di Nola 5.5: per larghi tratti sembra davvero in confusione, invertendo anche le punizioni più semplici. Assegna due rigori dubbi, bilanciando comunque almeno altre due decisioni errate, sempre in area di rigore.
Taddei 6.5: destra, sinistra, centro. Mettetelo dove volete, lui sfodererà la solita prestazione di grandissima intensità. Gioca terzino solo da qualche mese eppure sembra correre lungo la fascia da una vita. Non sbaglia una chiusura e in fase propositiva fa impazzire i suoi avversari. Ormai non si può più parlare di sorpresa.
Juan 7: al posto giusto, al momento giusto. Sembra tornato ai suoi grandissimi livelli. L'obiettivo sarà mantenerli il più a lungo possibile.
Heinze 7: guida la difesa con grande maestria e con la solita cattiveria. È indispensabile per questa difesa.
Josè Angel 6: parte timoroso, poi cresce con il passare dei minuti, senza convincere mai fino in fondo. Appare ancora troppo confusionario e poco funzionale alla manovra. L'errore su fallo da laterale che innesca il contropiede del Chievo è da insufficienza grave. Salva il giudizio solo grazie a Moscardelli e al risultato finale.
De Rossi 7.5: nonostante in questa settimana si sia allenato a singhiozzo si rende protagonista della consueta prova sopra le righe. Esce sfinito e l'Olimpico gli regala un'infinita standing ovation. Gli applausi del suo pubblico, oltre che ringraziarlo, sembrano chiedergli anche qualcosa. La firma.
(31' st Greco sv. entra in campo subito dopo il raddoppio di Totti. C'è solo da osservare lo scorrere dell'orologio. E aspettare...)
Pjanic 7: un po' più nervoso rispetto al solito e anche meno pulito. Ha dalla sua la grande facilità di intuire il tipo di partita e interpretarla nel modo giusto. Sta diventando inamovibile.
Simplicio 7: quarta partita da titolare ed ennesima prova convincente. In campo a sorpresa al posto di Gago, è il vero cervello del centrocampo giallorosso. Mette lo zampino in ogni azione.
(22'st Gago 6 torna dopo un mese di assenza forzata. Deve riprendere il ritmo partita)
Totti 8: festeggia il ritorno al gol con una maglia splendidamente autoironica. Comprendere la differenza che passa tra il suo essere o non essere in campo è semplice quanto capire la differenza tra la luce e il buio. "Scusate il ritardo". E come non potremmo, Capitano? (45'st Caprari sv)
Bojan 6.5: ha l'arduo compito di sostituire l'uomo più prolifico di questa squadra, Osvaldo, ma entra in campo senza alcun timore. Manca del cinismo necessario a concretizzare le tante occasioni che gli capitano tra i piedi. Deve crescere.
Lamela 7: questo ragazzo è il gioco del calcio! Parte sulla destra, ma diventa realmente pericoloso sulla sinistra, out lungo il quale si procura anche il calcio di rigore in un'azione molto simile a quella che aveva sbloccato il match del San Paolo. Ogni volta che tocca la palla si ha la certezza che sta per succedere qualcosa. Il bello è che l'argentino non solo è concreto, ma anche bello da vedere. E ha solo 19 anni!
All. Luis Enrique 7: conferma per 9/11 la formazione di Bologna, dando l'impressione che, infortuni permettendo, avrebbe voluto metterla in campo identica. Non sbaglia nulla, nemmeno un cambio. Finalmente si dimostra pazzo e savio con lo stesso grado d'intensità. Avanti così.
Arbitro Russo di Nola 5.5: per larghi tratti sembra davvero in confusione, invertendo anche le punizioni più semplici. Assegna due rigori dubbi, bilanciando comunque almeno altre due decisioni errate, sempre in area di rigore.
Luis Enriqgma: la mia formazione per Roma-Chievo
Diciamoci la verità. Non è più l'impresa impossibile di qualche settimana fa. Eppure, provare ad indovinare l'undici titolare pensato, plasmato e poi schierato da Luis Enrique ha ancora il suo fascino.
Reduce dai tre risultati utili consecutivi, nelle gare forse più difficili della prima parte stagione, la Roma sembra aver raggiunto una fisionomia che azzarderei a descrivere come definita. Motivo che potrebbe spingere il tecnico asturiano a confermare gran parte dei giocatori visti all'opera alla fine del 2011, senza rivoluzionare una formazione già ampiamente sfigurata da cessioni e infortuni.
Con Stekelenburg in porta, la linea difensiva sarà costituita da Taddei, Heinze, Juan e Josè Angel. Non dovrebbe farcela, infatti, Rosi: il terzino destro, frenato da un brutto attacco influenzale, ha saltato due allenamenti e si è rivisto in campo solo per la seduta di rifinitura. Difficile che parta titolare, più probabile che si accomodi in panchina pronto a subentrare all'occorrenza.
A centrocampo, nonostante i tanti fastidi muscolari, che in questa settimana lo hanno fatto allenare a singhiozzo, De Rossi sarà regolarmente in campo a ricoprire il consueto ruolo di playmaker. Ai suoi fianchi Pjanic e Gago, pienamente recuperato dopo l'infortunio al ginocchio patito durante la sfida contro la Fiorentina del 4 dicembre scorso.
In attacco confermatissimi Totti e Lamela, Bojan dovrebbe completare il trio, in attesa del recupero, che appare lungo e travagliato, di Osvaldo.
Riassumendo, ecco il mio undici per Chievo-Roma:
Stekelenburg, Taddei, Heinze, Juan, José Angel, Gago, De Rossi, Pjanic, Totti, Lamela, Bojan
Reduce dai tre risultati utili consecutivi, nelle gare forse più difficili della prima parte stagione, la Roma sembra aver raggiunto una fisionomia che azzarderei a descrivere come definita. Motivo che potrebbe spingere il tecnico asturiano a confermare gran parte dei giocatori visti all'opera alla fine del 2011, senza rivoluzionare una formazione già ampiamente sfigurata da cessioni e infortuni.
Con Stekelenburg in porta, la linea difensiva sarà costituita da Taddei, Heinze, Juan e Josè Angel. Non dovrebbe farcela, infatti, Rosi: il terzino destro, frenato da un brutto attacco influenzale, ha saltato due allenamenti e si è rivisto in campo solo per la seduta di rifinitura. Difficile che parta titolare, più probabile che si accomodi in panchina pronto a subentrare all'occorrenza.
A centrocampo, nonostante i tanti fastidi muscolari, che in questa settimana lo hanno fatto allenare a singhiozzo, De Rossi sarà regolarmente in campo a ricoprire il consueto ruolo di playmaker. Ai suoi fianchi Pjanic e Gago, pienamente recuperato dopo l'infortunio al ginocchio patito durante la sfida contro la Fiorentina del 4 dicembre scorso.
In attacco confermatissimi Totti e Lamela, Bojan dovrebbe completare il trio, in attesa del recupero, che appare lungo e travagliato, di Osvaldo.
Riassumendo, ecco il mio undici per Chievo-Roma:
Stekelenburg, Taddei, Heinze, Juan, José Angel, Gago, De Rossi, Pjanic, Totti, Lamela, Bojan
martedì 3 gennaio 2012
Last Bet, il parere dello psicologo: "Calciatori malati di vita"
Avere un lavoro. Che di questi tempi non è poi così scontato. Guadagnare cifre esagerate inseguendo la propria passione che di fatto è anche un gioco. Girare il mondo. Essere belli, acclamati. Spesso invidiati.
Sembra un’assurdità, eppure tutto questo non basta per essere felici. Per molti calciatori, novelli gladiatori, eterei semi-dio, le prospettive si ribaltano in maniera talmente celere da risultare quasi invisibile, con la velocità con cui una monetina ruota alla ricerca del proprio destino. Avere tutto che significa avere niente. Essere apatici, svogliati, il più delle volte depressi. Bisognosi, al limite della dipendenza, di scosse di adrenalina sempre più forti e prolungate. Rendendo l’illegalità l’unica strada da perseguire per sedare la propria sete di vita. E se il prezzo da pagare è la propria credibilità, peggio la propria libertà, chi se ne importa. Bisogna riempire quel buco che ognuno di noi si porta dentro. Concetto che più di altri si avvicina a quello del peccato originale.
Il passaggio gioco d’azzardo-voglia di arricchirsi è talmente immediato da sembrare l’unico possibile. E, infatti, spesso lo è.
In molti dei casi. Ma non in tutti. Uno dei quali potrebbe riguardare l’inchiesta “Last Bet” e i tanti calciatori coinvolti. Questo bisogno patologico di scommettere, arrangiare, sistemare, superando con una naturalezza sconvolgente i valichi della legalità, nasconderebbe una difficoltà più profonda. Di natura psico-chimica. Questo almeno il parere di Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta specializzato proprio in patologie da gioco d’azzardo. “Molti dei calciatori coinvolti in questo nuovo caso di calcio scommesse – esordisce lo specialista – non aveva un gran bisogno di soldi. Parlo ovviamente di Doni, Signori e Sartor che durante la loro carriera avevano accumulato talmente tanti ingaggi da poter vivere di rendita. Questo desiderio spasmodico di combinare é un meccanismo ossessivo e compulsivo del quale, però, non conosciamo le origini. Un trauma che solo un’analisi approfondita potrebbe rivelarci – continua Cavaliere – conduce ad uno squilibrio chimico che costringe questi soggetti a ricercare emozioni forti, le uniche in grado di rilasciare grandi quantità di adrenalina. Sostanza capace di modificare in maniera importante il tono dell’umore”.
La discesa nel mondo dell’illegalità è quasi inevitabile: “La trasgressione, l’andare oltre le regole, l’eccitazione del manipolare, copre i sintomi della depressione. Ma presto o tardi si arriva al capolinea”. Il rischio, però, è quello di trasformare i colpevoli in vittime: “Dal punto vista medico è innegabile – puntualizza Cavaliere – ma non da quello giuridico. La giustizia dovrà fare il suo corso”.
Giustificazioni, dunque. Psichiche e chimiche. Il manipolare i sogni e le passioni altrui come strumento per curare i propri vuoti. Queste spiegazioni basteranno per perdonare chi ci ha rotto, ancora una volta, il giocattolo?
Sarà una discesa sulla terra fin troppo violenta per questi semi-dio, che si sentono immortali nonostante siano malati di vita. Egoisti che avranno due tipi di rieducazione. La prima dovrà essere sociale. Per quella medica ci sarà tempo.
Sembra un’assurdità, eppure tutto questo non basta per essere felici. Per molti calciatori, novelli gladiatori, eterei semi-dio, le prospettive si ribaltano in maniera talmente celere da risultare quasi invisibile, con la velocità con cui una monetina ruota alla ricerca del proprio destino. Avere tutto che significa avere niente. Essere apatici, svogliati, il più delle volte depressi. Bisognosi, al limite della dipendenza, di scosse di adrenalina sempre più forti e prolungate. Rendendo l’illegalità l’unica strada da perseguire per sedare la propria sete di vita. E se il prezzo da pagare è la propria credibilità, peggio la propria libertà, chi se ne importa. Bisogna riempire quel buco che ognuno di noi si porta dentro. Concetto che più di altri si avvicina a quello del peccato originale.
Il passaggio gioco d’azzardo-voglia di arricchirsi è talmente immediato da sembrare l’unico possibile. E, infatti, spesso lo è.
In molti dei casi. Ma non in tutti. Uno dei quali potrebbe riguardare l’inchiesta “Last Bet” e i tanti calciatori coinvolti. Questo bisogno patologico di scommettere, arrangiare, sistemare, superando con una naturalezza sconvolgente i valichi della legalità, nasconderebbe una difficoltà più profonda. Di natura psico-chimica. Questo almeno il parere di Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta specializzato proprio in patologie da gioco d’azzardo. “Molti dei calciatori coinvolti in questo nuovo caso di calcio scommesse – esordisce lo specialista – non aveva un gran bisogno di soldi. Parlo ovviamente di Doni, Signori e Sartor che durante la loro carriera avevano accumulato talmente tanti ingaggi da poter vivere di rendita. Questo desiderio spasmodico di combinare é un meccanismo ossessivo e compulsivo del quale, però, non conosciamo le origini. Un trauma che solo un’analisi approfondita potrebbe rivelarci – continua Cavaliere – conduce ad uno squilibrio chimico che costringe questi soggetti a ricercare emozioni forti, le uniche in grado di rilasciare grandi quantità di adrenalina. Sostanza capace di modificare in maniera importante il tono dell’umore”.
La discesa nel mondo dell’illegalità è quasi inevitabile: “La trasgressione, l’andare oltre le regole, l’eccitazione del manipolare, copre i sintomi della depressione. Ma presto o tardi si arriva al capolinea”. Il rischio, però, è quello di trasformare i colpevoli in vittime: “Dal punto vista medico è innegabile – puntualizza Cavaliere – ma non da quello giuridico. La giustizia dovrà fare il suo corso”.
Giustificazioni, dunque. Psichiche e chimiche. Il manipolare i sogni e le passioni altrui come strumento per curare i propri vuoti. Queste spiegazioni basteranno per perdonare chi ci ha rotto, ancora una volta, il giocattolo?
Sarà una discesa sulla terra fin troppo violenta per questi semi-dio, che si sentono immortali nonostante siano malati di vita. Egoisti che avranno due tipi di rieducazione. La prima dovrà essere sociale. Per quella medica ci sarà tempo.
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