In
un abbandono, un addio o un lutto, esistono diverse fasi di
elaborazione, che vanno necessariamente affrontate. Per la precisione
quattro: la negazione, la disperazione, la rabbia e infine
l'accettazione.
Con
i dovuti distinguo, la sensazione è che in questi primi sei mesi di
Roma stelle strisce, queste fasi siano state abbondantemente vissute
e assimilate. Sebbene a ritroso.
Abbiamo
accettato il progetto, cullandolo, difendendolo e coccolandolo come
fosse un neonato da aiutare a crescere. Tollerandone anche gli
inevitabili limiti e gli insopportabili i capricci. Un evento
epocale.
La
prima striscia di vittorie è coincisa con una rabbia senza
precedenti: si erano sprecate settimane alla ricerca di un qualcosa,
che solo dopo averlo messo da parte, si era raggiunto.
La
disperazione, conseguente, è stata inevitabile: ma non per il
fallimento di tutti gli obiettivi, bensì per il loro essere sfumati
prima ancora di aver provato a conquistarli.
Oggi
è il tempo della negazione. Oggi è il momento di mettere da parte
le esclamazioni e lasciare spazio agli interrogativi.
Che
fine ha fatto la Roma? È possibile, in soli dieci giorni, toccare il
punto più alto e quello più basso della propria stagione? Si
possono subire quattro gol da una squadra, il Cagliari, che vanta il
secondo peggior attacco della Serie A e che al Sant'Elia, in tutto il
campionato, ha segnato solo sei volte?
Ma
soprattutto: perché il fatto di subire lo stesso tipo di gol invece
di tranquillizzare, in quanto problema facilmente risolvibile, rende
assolutamente disperati?
La
sconfitta di Firenze e quella di Cagliari rappresentano lo stesso
punto della spirale lungo la quale si è mossa la Roma, la struttura
portante del suo DNA. E se il Franchi era apparso il punto più
lontano da sé dal quale partire, il Sant'Elia potrebbe rappresentare
lo stesso passaggio dello stesso percorso. Ci si sarebbe però
aspettati di arrivarci rafforzati dalle esperienze precedenti. E
invece la roma ci è arrivata come prima, peggio di prima. Come se la
spirale verso l'alto si sia spezzata lasciando solo un vuoto in cui
precipitare di nuovo al punto di partenza.
Oggi,
2 febbraio, è il giorno della candelora. Quello durante il quale,
dicevano gli antichi, bisgona aprire la finestra e guardare se
l'inverno è finito o meno. Stamattina, in pochi hanno avuto il
coraggio di mettere il naso fuori e analizzare la Roma.
L'impressione è che la Primavera sia ancora lontana.
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