L'insostenibile
leggerezza delle cose semplici. Perché in fondo non c'è gusto a
fare in campo, quello che si è provato a Trigoria. Manca la
sorpresa. Manca la passione. Soprattutto quella della tifoseria,
costretta al solito sabato di sofferenza.
Perché mettere in campo
la formazione migliore, quella più naturale, quando puoi soffrire
per un'ora, mostrare una sterile supremazia territoriale e poi
rischiare di prendere gol sulla solita maledizione del calcio
d'angolo che ci perseguita dal dopo-Capello.
Dov'è la suspance, il
famoso coupè de theatrè? Non è divertente mettere al sicuro il
risultato il più rapidamente possibile. Bisogna attendere gli ultimi
venti minuti, sistemare la squadra come la logica vorrebbe e segnare
due gol. Allora sì che c'è gusto ad esultare.
In fondo il calcio è
semplice: schierare i giocatori al proprio posto, a fare le cose che
sanno fare, migliora la prestazione e avvicina al risultato.
E' evidente che la
semplicità non sia del tiqui-taca o della filosofia calcistica di
Luis Enrique. O meglio, è evidente che bisogna prima complicare le
cose e poi provare a semplificarle. Probabilmente il segreto è tutto
qui e c'è chi, ingenuo, ancora non l'ha capito.
La gara di Novara ci ha
portato qualcosa di molto vicino al terreno del Silvio Piola. Tre
punti sintetici. Belli e utili, per carità. Ma per la naturalezza
bisogna aspettare.
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