Uno è lento, ma è in
testa alla classifica. L'altro è rock, e sempre nella bufera delle
polemiche. Uno è l'allenatore più vecchio ad aver conquistato il
primato della Serie A, l'altro, dopo l'esonero di Sinisa Mihajlovic è
l'unico tecnico straniero rimasto nel massimo campionato italiano.
Diversi in tutto Edy Reja
e Luis Enrique, sembrano aver scelto, non a caso, due delle panchine
più distanti del mondo calcistico: per rivalità e mentalità.
Da calciatore Reja ha
giocato sempre per squadre di secondo piano, come Spal, Alessandria e
Palermo, chiudendo addirittura con i dilettanti del Molinella e
vivendo una carriera molto meno importante rispetto ai compagni che
con lui avevano seguito l'iter delle giovanili, Fabio Capello su
tutti.
Luis Enrique, al
contrario, ha vinto tutto quello che c'era da vincere e da
protagonista. Partito bambino dallo Sporting Gjon, ha giocato per le
due squadre più blasonate della Spagna: il Real Madrid e il
Barcellona, partecipando a manifestazioni importantissime. Ha
disputato tre mondiali di calcio, tre europei, un'Olimpiade, conclusa
con un oro, diverse Coppe Uefa e Coppe delle Coppe. Senza contare le
presenze in Champions League. Ha lasciato nel 2002 al massimo della
condizione atletica e fisica, scegliendo la famiglia e il surf in
Australia alla fatica degli allenamenti, dedicandosi completamente
alla maratona e allo spaccaossa: una corsa in moto nel deserto
africano.
La chance per fare
l'allenatore gli arriva solo sei anni dopo nel 2008: Lucho è a
Firenze per provare a battere il suo record nella corsa, quando il
Barcellona che ha promosso Pep Guardiola in prima squadra, lo chiama
per allenare la formazione B. Resterà in blaugrana tre anni, prima
di passare alla Roma, in Serie A.
Edy Reja, invece, è
partito dal basso. Proprio dal Molinella in Serie D, formazione con
la quale aveva chiuso la sua carriera da calciatore nel 1979, anno in
cui Luis Enrique, comincia ad indossare la maglia dei Giovanissimi
dello Sporting Gjon.
Allena in tutte le
categorie, raggiungendo la promozione in Serie A sul campo nel 1997
con il Brescia. Ci riuscirà altre tre volte: con il Vicenza nel
2000, il Cagliari nel 2004 e il Napoli nel 2007. Proprio alla guida
dei partenopei sarà esonerato nel 2009, costretto a ripartire dalla
Croazia e dall'Hajduk Spalato per ritagliarsi uno spazio nel calcio
conta. Nel Gennaio del 2010 lotito gli affida la Lazio disastrata del
dopo Ballardini per provare a rimetterla in moto. Ci riesce, in poco
meno di due anni, la porta ad un passo dalla qualificazione in
Champions League e poi al primato in classifica sebbene con una gara
in più.
Oltre che nella storia
della loro carriera Reja e Luis Enrique sono diversi anche nel modo
di giocare. Nell'età delle loro squadre.
La Lazio è una squadra
esperta, per non dire vecchia, che fa del contropiede la sua arma
migliore. Cinica, che sa accontentarsi del pari, quando ce n'è
bisogno.
La Roma è una squadra
giovane, per non dire svagata, che ha nella sua qualità migliore
anche il suo punto debole: il giocare sempre all'attacco, contro
qualsiasi avversario,.
Ecco, magari se
riuscissero a rubare l'uno qualcosa dall'altro probabilmente ne
gioverebbero entrambi. Cosa impossibile, visto il carattere acceso
dei due protagonisti. Nel frattempo si sono sprecati i paragoni: è
il tecnico più vicino a Maestrelli, si dice nell'ambiente
biancoceleste. Ricorda il primo Eriksson, rispondono da quello
giallorosso.
La verità è che Reja e
Luis Enrique non hanno sosia. Sono così come sono. Prendere o
lasciare. Uno è lento e l'altro è rock. Generi che hanno
appassionati diversi.
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