Qualcuno si è permesso. Qualcuno si è preso la libertà di insultare la Storia. Perché vi piaccia o meno, lo capiate oppure no, Francesco Totti è la storia. Della Roma. Squadra e società. Anche della città, aggiungerei.
Ho voluto aspettare qualche ora prima di prendere posizione verso gli insulti diretti al Capitano, per un calcio di rigore sbagliato (almeno così ci raccontano le cronache odierne). Questa è la mia risposta. Un articolo-omaggio scritto per il suo ultimo compleanno. Credo che queste righe dovrebbero chiarire cosa penso di Totti e di chi lo ha insultato. Ora e per sempre ci sarà solo un Capitano.
Lo so, è strano a dirsi.
E forse anche un po' triste a raccontarsi. Ma non c'è momento della
mia vita che in qualche modo non sia legato a Francesco Totti.
Vale per tutti i ragazzi
romanisti cresciuti negli anni '80 immagino, ma anche per quelli più
grandi e maturi. E proprio qui, credo, sta l'immensità del Capitano:
capace di mettere d'accordo generazioni e generazioni di persone.
Ubriacato dai ricordi di
mio padre che ancora con un certo luccichio negli occhi mi raccontava
di un: lancio di Di Bartolomei, cross di tacco di Falcao e gol di
testa di Pruzzo, tutto attaccato
e senza pause, cercavo di capire qualcosa sul mondo del calcio, che
per me parte dai Mondiali di Italia '90 e dalle esultanze, a
rivederle buffe, di Totò Schillaci. La Roma di Rizzitelli e
Carnevale ma soprattutto di Voeller, Aldair e Giannini la conosco, ma
la rammento a sprazzi.
Mentre
quel 28 marzo 1993, lo ricordo benissimo.
Seduto
sul tavolo della cucina, con un quaderno a quadretti aperto su un
qualche problema di matematica, ascoltavo, come tutte le domeniche,
la radio, distratto e in apprensione. Proprio Rizzitelli lasciò il
posto a Totti, che appena sedicenne esordì in Serie A in una Roma
che a Brescia vinceva per 2-0 con gol di Caniggia e Mihajlovic.
Ricordo
l'esordio da titolare contro la Juventus in Coppa Italia e in una
fredda serata di dicembre, portato allo stadio per festeggiare il mio
compleanno. Soprattutto ricordo il primo gol di Francesco Totti in
Serie A: a Settembre con l'inizio delle scuole ancora lontano, io e
mio fratello eravamo in giardino per la milionesima partita di
pallone. Radio sempre al seguito. La rete contro il Foggia la
accogliemmo con un entusiasmo fuori dal comune e probabilmente ancora
frutto del rilassamento delle vacanze estive.
Il
vero amore, però, esplose solo qualche anno più tardi. In un
Roma-Milan 3-0 del 1996. E' anche brutto dirlo, perché sulla
panchina di quella Roma sedeva un certo Carlos Bianchi che con Totti
non ebbe mai un gran rapporto. Ma per noi, che il Milan in quegli
anni lo avevamo visto alzare Coppe e Scudetti e spesso venir a
maramaldeggiare a casa nostra, quella vittoria ebbe un sapore
diverso. E anche un suono diverso: una delle prime partite trasmesse
sulla pay-per-view, per di più in anticipo al sabato! Tredici minuti
e Totti con un colpo d'anca porta via il pallone ad un Rossi un po'
attardato nel rinvio. Il gesto, già di per sé geniale, viene reso
epico da un colpo che solo il grande campione può inventare: tocco
di prima di esterno destro, con la palla che va ad insaccarsi
nell'angolo opposto, rincorsa in maniera quasi incredula da Billy
Costacurta.
Lì
capii di essere innamorato. L'amore per Totti, per me bambino delle
scuole medie, arrivò prima di quello per qualsiasi ragazza e
probabilmente durerà anche dopo. Perché è vero, nonostante molti
la prendano a battuta, che “nessuna donna mi ha reso felice 262
volte come ha fatto lui”.
Da
quel momento in poi è un incrociarsi tra i numeri di Francesco e i
miei ricordi. Il gol del 3-3 in un derby fantastico, che mi lasciò
respirare per qualche mese, dopo le 4 stracittadine perse di seguito.
La rete del 3-1, quella del “Vi ho purgato ancora”, che mi spinse
a fare notte per scrivere con un pennarello nero la stessa frase su
una maglietta bianca da ostentare a scuola il giorno dopo.
Tutte
le reti dello Scudetto, stampate nel cervello come fossero filmati di
Youtube, da far ripartire nei momenti più buii e senza attendere il
buffering. Il Mondiale di Corea e Giappone guardato invece di
preparare gli Esami di Maturità. Il gol nel derby a Peruzzi e quello a Milano in pallonetto a
Julio Cesar che mi fece rompere tre o quattro piatti in un ristorante
dove lavoravo per pagarmi gli studi all'Università (a proposito, i
soldi di quella sera non li vidi mai).
Il record di undici vittorie,
l'infortunio alla caviglia che appresi all'interno di una stanza di
Ospedale anche io (tonsillectomia) e per il quale piansi molto più
per il suo dolore che per il mio. Il ritorno in campo, la vittoria al
Mondiale, durante i cui festeggiamenti gridavo “C'è solo un
Capitano”, la Scarpa d'oro, le vittorie a Lione, a Madrid, la
sconfitta umiliante di Manchester.
Catania nel 2008, la Samp nel
2010.
Le critiche immense ricevute al secondo anno di Ranieri, con me
a difenderlo e a rischiare il licenziamento per la veemenza con cui
facevo scudo, davanti a bocche incompetenti e provocanti di una
redazione ormai lontana. Il record di gol tra i calciatori in
attività, l'esclusione da Bratislava, i fischi per la sostituzione
nel ritorno.
Io
c'ero. E Anche lui. Lui c'era, c'è e ci sarà. Proprio come la Roma.
Ecco, forse l'amore che nutro per la squadra supera quello per il
giocatore, ma da tifoso prima che calciatore, credo che il Capitano
capirà.
Tanti
auguri di Buon Compleanno, Francè. E grazie di tutto.
Posso unirmi agli auguri? Hai praticamente detto tutto tu... C'E' SOLO UN CAPITANOOOOOO!!!!!!!!
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