giovedì 15 dicembre 2011

Il mio omaggio a Francesco Totti: il solo e unico Capitano


Qualcuno si è permesso. Qualcuno si è preso la libertà di insultare la Storia. Perché vi piaccia o meno, lo capiate oppure no, Francesco Totti è la storia. Della Roma. Squadra e società. Anche della città, aggiungerei.
Ho voluto aspettare qualche ora prima di prendere posizione verso gli insulti diretti al Capitano, per un calcio di rigore sbagliato (almeno così ci raccontano le cronache odierne). Questa è la mia risposta. Un articolo-omaggio scritto per il suo ultimo compleanno. Credo che queste righe dovrebbero chiarire cosa penso di Totti e di chi lo ha insultato. Ora e per sempre ci sarà solo un Capitano.

Lo so, è strano a dirsi. E forse anche un po' triste a raccontarsi. Ma non c'è momento della mia vita che in qualche modo non sia legato a Francesco Totti.
Vale per tutti i ragazzi romanisti cresciuti negli anni '80 immagino, ma anche per quelli più grandi e maturi. E proprio qui, credo, sta l'immensità del Capitano: capace di mettere d'accordo generazioni e generazioni di persone.

Ubriacato dai ricordi di mio padre che ancora con un certo luccichio negli occhi mi raccontava di un: lancio di Di Bartolomei, cross di tacco di Falcao e gol di testa di Pruzzo, tutto attaccato e senza pause, cercavo di capire qualcosa sul mondo del calcio, che per me parte dai Mondiali di Italia '90 e dalle esultanze, a rivederle buffe, di Totò Schillaci. La Roma di Rizzitelli e Carnevale ma soprattutto di Voeller, Aldair e Giannini la conosco, ma la rammento a sprazzi.

Mentre quel 28 marzo 1993, lo ricordo benissimo.
Seduto sul tavolo della cucina, con un quaderno a quadretti aperto su un qualche problema di matematica, ascoltavo, come tutte le domeniche, la radio, distratto e in apprensione. Proprio Rizzitelli lasciò il posto a Totti, che appena sedicenne esordì in Serie A in una Roma che a Brescia vinceva per 2-0 con gol di Caniggia e Mihajlovic.

Ricordo l'esordio da titolare contro la Juventus in Coppa Italia e in una fredda serata di dicembre, portato allo stadio per festeggiare il mio compleanno. Soprattutto ricordo il primo gol di Francesco Totti in Serie A: a Settembre con l'inizio delle scuole ancora lontano, io e mio fratello eravamo in giardino per la milionesima partita di pallone. Radio sempre al seguito. La rete contro il Foggia la accogliemmo con un entusiasmo fuori dal comune e probabilmente ancora frutto del rilassamento delle vacanze estive.

Il vero amore, però, esplose solo qualche anno più tardi. In un Roma-Milan 3-0 del 1996. E' anche brutto dirlo, perché sulla panchina di quella Roma sedeva un certo Carlos Bianchi che con Totti non ebbe mai un gran rapporto. Ma per noi, che il Milan in quegli anni lo avevamo visto alzare Coppe e Scudetti e spesso venir a maramaldeggiare a casa nostra, quella vittoria ebbe un sapore diverso. E anche un suono diverso: una delle prime partite trasmesse sulla pay-per-view, per di più in anticipo al sabato! Tredici minuti e Totti con un colpo d'anca porta via il pallone ad un Rossi un po' attardato nel rinvio. Il gesto, già di per sé geniale, viene reso epico da un colpo che solo il grande campione può inventare: tocco di prima di esterno destro, con la palla che va ad insaccarsi nell'angolo opposto, rincorsa in maniera quasi incredula da Billy Costacurta.

Lì capii di essere innamorato. L'amore per Totti, per me bambino delle scuole medie, arrivò prima di quello per qualsiasi ragazza e probabilmente durerà anche dopo. Perché è vero, nonostante molti la prendano a battuta, che “nessuna donna mi ha reso felice 262 volte come ha fatto lui”.

Da quel momento in poi è un incrociarsi tra i numeri di Francesco e i miei ricordi. Il gol del 3-3 in un derby fantastico, che mi lasciò respirare per qualche mese, dopo le 4 stracittadine perse di seguito. La rete del 3-1, quella del “Vi ho purgato ancora”, che mi spinse a fare notte per scrivere con un pennarello nero la stessa frase su una maglietta bianca da ostentare a scuola il giorno dopo.

Tutte le reti dello Scudetto, stampate nel cervello come fossero filmati di Youtube, da far ripartire nei momenti più buii e senza attendere il buffering. Il Mondiale di Corea e Giappone guardato invece di preparare gli Esami di Maturità. Il gol nel derby a Peruzzi e quello a Milano in pallonetto a Julio Cesar che mi fece rompere tre o quattro piatti in un ristorante dove lavoravo per pagarmi gli studi all'Università (a proposito, i soldi di quella sera non li vidi mai). 

Il record di undici vittorie, l'infortunio alla caviglia che appresi all'interno di una stanza di Ospedale anche io (tonsillectomia) e per il quale piansi molto più per il suo dolore che per il mio. Il ritorno in campo, la vittoria al Mondiale, durante i cui festeggiamenti gridavo “C'è solo un Capitano”, la Scarpa d'oro, le vittorie a Lione, a Madrid, la sconfitta umiliante di Manchester. 

Catania nel 2008, la Samp nel 2010.

Le critiche immense ricevute al secondo anno di Ranieri, con me a difenderlo e a rischiare il licenziamento per la veemenza con cui facevo scudo, davanti a bocche incompetenti e provocanti di una redazione ormai lontana. Il record di gol tra i calciatori in attività, l'esclusione da Bratislava, i fischi per la sostituzione nel ritorno.

Io c'ero. E Anche lui. Lui c'era, c'è e ci sarà. Proprio come la Roma. Ecco, forse l'amore che nutro per la squadra supera quello per il giocatore, ma da tifoso prima che calciatore, credo che il Capitano capirà.
Tanti auguri di Buon Compleanno, Francè. E grazie di tutto.  

1 commento:

  1. Posso unirmi agli auguri? Hai praticamente detto tutto tu... C'E' SOLO UN CAPITANOOOOOO!!!!!!!!

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