Quando
guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro.
E così
mentre il calcio italiano scrutava Luis Enrique, come fosse un alieno
sbarcato da chissà quale pianeta, anche Luis Enrique guardava dentro
il calcio italiano. Sebbene in maniera più nascosta.
Risultato:
una Roma più ordinata, più cinica, più squadra. Che per interpreti
e qualità non può evitare, pur volendolo, il tiqui-taca, ma che in
giro per i campi nostrani, qualche scaltrezza sembra averla colta e
assimilata.
E mentre
appare quasi inutile sottolineare le prove, strepitose, di Lamela,
Simplicio e Juan, il dato da evidenziare è certamente quello legato
ai numeri. Perché si sa, le statistiche, non mentono mai.
La Roma non
aveva mai fatto più di due gol in questa stagione fuori casa, nemmeno in
amichevole e soprattutto non aveva mai tirato così tante volte in
porta. La Roma fa sempre punti con Francesco Totti in campo. E spesso
vince. L'ultima vittoria in campionato risaliva alla gara contro il
Lecce e il Capitano c'era. Poi due assenze e due ko, quelli di Udine
e Firenze, e di nuovo presenze e dunque punti nelle gare con Juventus
e Napoli. Con Totti che confeziona due assist, uno più bello di un
altro, per De Rossi e Osvaldo.
Così come
quella spallettiana, anche quella enriquiana trova la quadratura del
cerchio in condizione di emergenza. Tramutare la causalità in punto
di partenza deve essere l'imperativo. Perché scoprire che un modulo
funziona piuttosto che un altro, può essere anche fortuna.
Confermarlo è sintomo di intelligenza.
Il quesito
più in voga di oggi è: Luis Enrique si sarà italianizzato? Se
questo significa essere meno logorroici nel possesso palla e arrivare
prima al dunque, ben venga.
Nessun commento:
Posta un commento