“London Borini calling”
avrebbero urlato i Clash in preda al furore. Borini chiama. E la Roma
risponde. Non dall'oltretomba, da dove la band britannica provava a
scuotere la propria generazione, ma di certo da quel luogo della
mente che di mercoledì sera, con soli due gradi sul termometro, ti
farebbe fare tutto, piuttosto che giocare una partita di calcio. E
invece...
London Borini calling,
dunque. Senza dimenticare Perrotta. Perché se qualcuno ha modellato
un indefinito pezzo di creta, trasformandolo nell'ennesima
qualificazione ai quarti di finale di Coppa Italia, quelli sono stati
certamente l'ex attaccante del Chelsea e il super Simo nazionale.
Certo, poi, ci sono volute la classe, l'eleganza e il talento di Erik
Lamela a perfezionare il tutto. Ma si sa, l'artista prende lo
scalpello in mano solo per dare un senso all'opera. Della serie:
“Perché non parli...”
A Perrotta sono bastati
45 minuti più recupero per ricordare a tutti di che professionista
ci si era dimenticati. Entrato al posto di un intermittente Viviani,
penalizzato anche dal ruolo di intermedio nel quale Luis Enrique ha
voluto sperimentarlo, il numero 20 giallorosso ha sùbito dato la
scossa a compagni e pubblico. Il recupero in scivolata su un Cerci
tanto sopravvalutato quanto svagato è l'immagine perfetta della sua
voglia. La stessa che stava consumando da tempo Fabio Borini. London
è sembrato entrare in campo come in preda ad un bisogno impellente:
la caparbietà di un Gattuso e la necessità di fare gol di un
Inzaghi. Dopo aver messo lo zampino sulla rete del 2-0, sfrutta
l'errore di Neto per siglare il suo primo gol all'Olimpico. Eravamo
stati buoni profeti: con un Borini in queste condizioni, tornare sul
mercato, soprattutto in attacco, non sembra avere molto senso.
Roma-Firenze. Andata e
ritorno in 38 giorni. Come viaggiare attraverso il tempo e lo spazio,
lungo una parabola che dall'altro da te, è capace di riportarti a
casa. In mezzo la fine di un anno solare e l'inizio di un altro,
cinque risultati utili consecutivi, dei quali quattro vittorie, porta
inviolata da più di 210 minuti, invisibili cambi societari e tuffi
in piscina.
Un unico punto in comune:
Cicinho. Passato dal lettino dei massaggi a quello dell'analista. “Mi
scuso con i tifosi per tutte le volte che ho detto di andar via. Ora
voglio restare”. La valigia sul letto, però, assomiglia tanto a
quella di un lungo viaggio...
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